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Lezioni di Chirurgia Plastica - Skuola.net

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Argomenti <strong>di</strong> chirurgia estetica<br />

b) i tessuti traumatizzati dalla chirurgia subiscono mutamenti anatomici intrinseci<br />

con conseguenti alterazioni morfologiche e del comportamento biologico senza<br />

<strong>di</strong>menticare la cicatrice che evolve anch'essa ipotecando il risultato finale. Per<br />

questa sua particolare correlazione con il fattore tempo, la <strong>Chirurgia</strong> <strong>Plastica</strong> è stata<br />

con saggezza definita da G.Sanvenero-Rosselli "chirurgia a quattro <strong>di</strong>mensioni". Sulla<br />

base <strong>di</strong> tali considerazioni scaturisce un problema teoretico solo apparentemente<br />

semplice: che cosa è la normalità morfologica o dell’aspetto?<br />

Dai tempi più antichi, filosofi, artisti e biologi si sono impegnati per dare una<br />

risposta a questo interrogativo: basti ripensare il concetto <strong>di</strong> canone estetico<br />

dell'arte ellenica, romana, me<strong>di</strong>evale, rinascimentale o gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> geometria<br />

applicata alla forma umana <strong>di</strong> Leonardo o gli scritti <strong>di</strong> antropometria e fisiognomica<br />

del XIX e del XX secolo nonché le problematiche connesse con l'esistenza delle<br />

<strong>di</strong>verse etnie. Dalla “definizione della normalità" si passa automaticamente al<br />

problema "definizione della bellezza" che della normalità dovrebbe rappresentare la<br />

quintessenza, la massima espressione. La bellezza morfologica, pur nella sua attuale<br />

indefinibilità, sembra essere un concetto connaturato alla mente umana e<br />

rispondente, benché a livello inconscio, ai principi dell'armonia matematica che<br />

improntano l'intera architettura dell'universo come noi lo conosciamo. Platone<br />

definiva la bellezza come “quella cosa che tutti sanno cosa sia ma che nessuno riesce<br />

a definire”: il vocabolo è ormai tra quelli più comuni ma viene usato come se si<br />

trattasse <strong>di</strong> esprimere un valore misurabile e definibile mentre si riferisce solo ed<br />

esclusivamente ad un significato ideale. Quella bellezza <strong>di</strong> cui parliamo tutti giorni è<br />

nella realtà costretta dai vincoli <strong>di</strong> certi schemi che non troveremo mai neppure in<br />

quelle persone “<strong>di</strong> riferimento“ che ci piacciono e che quoti<strong>di</strong>anamente giu<strong>di</strong>chiamo<br />

belle. Le argomentazioni sulla bellezza contenute nelle innumerevoli pagine della<br />

filosofia comune sono talmente tante da annullarsi: il più sofisticato dei computer<br />

non sarebbe in grado <strong>di</strong> formulare una definizione che le coaguli tutte senza rischiare<br />

<strong>di</strong> elaborare un compen<strong>di</strong>o prolisso e maniacale. Paradossalmente soltanto la<br />

<strong>Chirurgia</strong> Correttiva morfo<strong>di</strong>namica è in grado <strong>di</strong> proporre un metro <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio<br />

capace <strong>di</strong> fornire un possibile “quanto” del bello abbandonando le congetture del<br />

passato e semplicemente assumendo come unità <strong>di</strong> misura il "grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione<br />

per il proprio aspetto mo<strong>di</strong>ficato". E’ dunque necessario ammettere che la ricerca<br />

insensibile della bellezza stia chiusa nel cervello umano come un contenitore capace<br />

<strong>di</strong> indurre certi popoli ad adornarsi anche in mo<strong>di</strong> dolorosi oppure <strong>di</strong> spingere le<br />

persone comuni all'uso del tatuaggio, del piercing, del trucco o dei semplici oggetti<br />

ornamentali. Ci sembra dunque chiaro che gli schemi della bellezza in<strong>di</strong>viduati fino<br />

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