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“SEPARAZIONE PATRIMONIALE E AUTONOMIA PRIVATA”

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giurisprudenza) dell'atto di costituzione del fondo.<br />

Su un piano generale si è infatti notato che, ai fini della qualificazione onerosa dell'atto,<br />

non osterebbero peraltro né la circostanza che ad usufruire del vantaggio sia anche il<br />

coniuge che subisce il sacrificio, né il dato che, nel caso del fondo patrimoniale, tale<br />

vantaggio non sia di natura strettamente economica ma meramente giuridica quale "la<br />

diminuzione della garanzia patrimoniale del costituente medesimo nei confronti dei suoi<br />

creditori personali" 294 .<br />

Certamente comuni sono le problematiche relative alla assimilazione del negozio di<br />

destinazione agli atti di disposizione di cui all'art. 2901 c.c. e, ancor di più, agli atti a<br />

titolo gratuito.<br />

Tuttavia si deve evitare di obliterare le differenze che esistono tra la fattispecie<br />

presupposta dal fondo patrimoniale e quella della destinazione patrimoniale di cui<br />

all'art. 2645 ter c.c. e con ciò rischiare di non saperne cogliere le conseguenze.<br />

Infatti, come già evidenziato, tale norma disegna una fattispecie negoziale necessitante<br />

dell’integrazione da parte dell’autonomia privata.<br />

Ciò a partire dallo scopo della destinazione, lasciato alla individuazione del conferente,<br />

che potrebbe consistere anche in finalità piuttosto rigide e quindi non suscettibili della<br />

dilatazione interpretativa che, come sopra ricordato, ha riguardato il concetto di bisogni<br />

della famiglia a vantaggio dei creditori dei coniugi.<br />

Sotto altro profilo, deve essere notato che, a differenza del fondo patrimoniale, i negozi<br />

di destinazione di cui all’art. 2645 ter c.c. prevedono dei soggetti beneficiari determinati<br />

ex ante ed un eventuale soggetto gestore, rispetto ai quali si dovrà valutare lo stato<br />

soggettivo di mala fede richiesto dall’art. 2901 c.c.<br />

In altre parole, nel caso dei negozi di destinazione si dovrà valutare se considerare terzi<br />

nel giudizio revocatorio i beneficiari o l’eventuale titolare/gestore dei beni vincolati.<br />

In passato, con riferimento alla figura del trust, si è precisato che debba essere<br />

considerato terzo nel giudizio revocatorio il beneficiario in quanto è quest’ultimo che<br />

294 L. CALVOSA, Fondo patrimoniale e fallimento, Milano 2003, p. 31. L' A. nota pure che se "poi tali<br />

argomenti non siano ritenuti sufficienti ad attribuire la connotazione di onerosità all'atto costitutivo del<br />

fondo patrimoniale, quanto meno essi possono valere ad escludere nella maggior parte dei casi il carattere<br />

di gratuità, e ad imporre quindi la conclusione della neutralità strutturale e funzionale dell'atto stesso: con<br />

conseguente esonero dall'applicabilità della disciplina degli atti (gratuiti) inefficaci ex art. 64 l.f". L'A.<br />

preferisce qualificare l'atto suddetto come atto neutro revocabile cui applicare la disciplina dell'art. 69 l.f.<br />

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