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“SEPARAZIONE PATRIMONIALE E AUTONOMIA PRIVATA”

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giustificazione di ragionevolezza perché un determinato ambito di efficacia, che pur si<br />

riconosce attuabile nel nostro Paese, lo sia in un caso e non nell’altro” 375 .<br />

La suddetta ricostruzione, attualmente prevalente, non riesce a superare alcuni dati<br />

sistematici.<br />

In particolare un siffatto esito interpretativo, coincidente con la introduzione del trust<br />

nei paesi di civil law cui fosse fino ad allora ignoto, sarebbe al di fuori degli scopi<br />

istituzionali della Conferenza dell’Aja che, in verità, consistono nel “traivaller à<br />

l’unification progressive des règles de droit international privé” 376 .<br />

La scelta di introdurre tout court del trust negli paesi di civil law avrebbe invece<br />

comportato una significativa modifica degli ordinamenti interni di quegli Stati, al di là<br />

di quanto necessario per la elaborazione di regole di conflitto uniformi.<br />

L’oggetto e lo scopo della stessa Convenzione dell’Aja erano, del resto, dichiaratamente<br />

quelli di stabilire delle disposizioni comuni di conflitto sul trust e di disciplinare in<br />

maniera uniforme gli effetti del suo riconoscimento 377 .<br />

La limitatezza dello scopo della Convenzione è peraltro dimostrata dal già ricordato art.<br />

13 a norma del quale “nessuno Stato è tenuto a riconoscere un trust i cui elementi<br />

portanti, ad eccezione della scelta della legge da applicare, del luogo di amministrazione<br />

e della residenza abituale del trustee sono più strettamente connessi a Stati che non<br />

prevedono l’istituto del trust o la categoria del trust in questione“.<br />

Tale disposizione, come evidente, restringe il potere del disponente di fare ricorso al<br />

375 N. LIPARI, Fiducia statica e trusts, in Ilaria Beneventi, I trusts in italia oggi, Milano, 1996, p. 75. Una<br />

tale, suggestiva, argomentazione è però confutata da C. CASTRONOVO, Trust e diritto civile italiano, in<br />

Vita notarile, 1998, p. 1324, n. 2, che ricorda come “l’art. 3 Cost. nella prospettiva di diritto<br />

internazionale privato (…) riguarda soltanto i cittadini tra loro. Peraltro l’art. 10, secondo comma Cost.<br />

prevede per la condizione giuridica dello straniero la conformità alla legge e ai trattati internazionali, non<br />

al principio di uguaglianza di cui all’art. 3. Sul piano sostanziale, poi, la diseguaglianza, ipotizzata<br />

sull’assunto che la legge n.364/1989 consentirebbe esclusivamente la costituzione di trust ad opera di<br />

cittadini stranieri, non sussiste perché non è la cittadinanza presupposto necessario o qualificazione<br />

preclusiva”. Nello stesso senso le osservazioni di F. GAZZONI, Tentativo dell’impossibile (osservazioni di<br />

un giurista “non vivente” su trust e trascrizione, in Riv. notariato, 2001, I, p.19.<br />

376 Art. 1 dello Statuto. Il punto è rilevato, recentemente, da G. CONTALDI, Il trust nel diritto<br />

internazionale privato italiano, Milano 2001, p. 123.<br />

377 Il carattere limitato della Convenzione è rilevato anche da T. BALLARINO, Diritto internazionale<br />

privato, Padova, 1999, p. 589.<br />

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