“SEPARAZIONE PATRIMONIALE E AUTONOMIA PRIVATA”
“SEPARAZIONE PATRIMONIALE E AUTONOMIA PRIVATA”
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di un interesse individuale che coincida con una utilità sociale assurge a requisito per la<br />
tutela del negozio. Se normalmente dunque il giudizio di meritevolezza opera come un<br />
limite negativo alla autonomia privata, nei casi sopra detti esso vuole verificare la<br />
presenza di un vero e proprio requisito strutturale della fattispecie generalmente<br />
sanzionata di invalidità e solo eccezionalmente ammessa.<br />
Sotto tale profilo può dunque dirsi che l'art. 2645 ter c.c. si ponga in continuità con il<br />
sistema: la sussistenza di un interesse qualificato, inteso - lo si ripete - quale requisito<br />
strutturale della fattispecie, rende possibile il prodursi di effetti che altrimenti sarebbero<br />
considerati indisponibili per la autonomia privata.<br />
Parte della dottrina ha tuttavia segnalato una differenza significativa rispetto alle ipotesi<br />
sopra considerate. Se quest'ultime infatti, come insegna Gorla, sono atti di autonomia<br />
senz'altro invalidi, gli atti di destinazione sono invece negozi del tutto validi. La<br />
strutturalità del requisito di meritevolezza dell'interesse opera quindi, più che sul piano<br />
della validità del negozio, su quello differente della disponibilità di effetti altrimenti<br />
preclusi all'autonomia privata 189 .<br />
E' forse più calzante, con riferimento all'art. 2645 ter c.c., il confronto, che parte della<br />
dottrina aveva già proposto, tra tale procedimento e quanto previsto dalla art. 1027 c.c.<br />
per il riconoscimento delle servitù 190 .<br />
189 A. NICOLUSSI, I diritti della persona nella società moderna: la protezione dei soggetti deboli tra etica<br />
e diritto, p. 7, n. 23<br />
190 Confronto operato già da G. GORLA, Il contratto, I, p. 218 n. 26, il quale tuttavia nota come nel caso<br />
della servitù atipica venga verificata la sussistenza di una utilità a vantaggio di un fondo, mentre, nelle<br />
pattuizioni sopra esaminate, l'utilità deve essere valutata con riferimento ad un individuo e "forse più<br />
largamente" . Sull'utilità per il fondo dominante quale limite alla autonomia privata nella conformazione<br />
del diritto di servitù si veda, più recentemente, P. VITUCCI, Servitù prediali, in Digesto discipline<br />
privatistiche, sez. civile, XVIII, Torino, 1998, p. 500: "Quando invece sia stata accolta, come l'ha accolta<br />
il sistema vigente, l'idea di uno schema generale di servitù, suscettibile di contenuti diversi e configurati<br />
volta per volta dai contraenti, allora l'esigenza di moderare la diffusione di un effetto giuridico-economico<br />
gravoso e ingombrante entra in contrasto con la libertà di determinare quei contenuti e si traduce in un<br />
vaglio, più o meno severo, cui l'intento perseguito dalle parti è sottoposto dall'interprete.<br />
All'apprezzamento dell'interprete la legge indica un criterio di portata generale: il requisito dell'utilità per<br />
un fondo. Il criterio così indicato manifesta allora la propria finalità, che è quella di una condizione<br />
specifica dettata dalla autonomia dei privati (e in generale alla costituzione della servitù). In base<br />
all'esame dell'utilità si decide se l'interesse delle parti possa essere realizzato con lo strumento della<br />
servitù o con uno strumento diverso".<br />
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