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“SEPARAZIONE PATRIMONIALE E AUTONOMIA PRIVATA”

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se non sono mancate nel corso degli anni interpretazioni tese a recuperare una<br />

autonomia precettiva all'art. 1322, II comma, c.c. 181 .<br />

Questa conclusione cui sembra essere definitivamente approdato il dibattito sull'art.<br />

1322, II comma, è stata considerata inevitabile da parte di alcuni autori anche con<br />

discipline privatistiche, sez. civile, Torino, 1989, Vol. IV, p.118 per il quale "poiché l'insieme degli<br />

interessi che il contratto mira a realizzare costituisce la ragione giustificativa del contratto, e cioè la sua<br />

causa, quella formula (interessi meritevoli di tutela n.d.r.) significa che i contratti atipici devono avere<br />

una causa, e che la loro causa deve essere lecita". Dello stesso pensiero anche G. GORLA, Il contratto, I,<br />

Milano 1955, p.199 ss., nonché G.B. FERRI, Ancora in tema di meritevolezza dell'interesse, p. 1 ss., il<br />

quale (p.14) precisa tuttavia che l'art. 1322, 2° co, non sarebbe tuttavia un doppione dell'art. 1343 c.c. in<br />

quanto "il primo afferma l'esigenza di meritevolezza e il secondo individua i criteri di questa<br />

meritevolezza". Sul punto si veda anche V. Roppo, Il contratto, Milano, 2001, p. 425: “ (…) non è<br />

impossibile attribuire all’art. 1332 2° comma un autonomo senso. Muovendo dal presupposto che le<br />

norma imperative e le regole di ordine pubblico e di buon costume di solito sono riferite in prima battuta<br />

ai contratti tipici, la norma ha il senso di avvertire che la loro osservanza non può essere elusa solo perché<br />

le parti, anziché concludere il contratto tipico di riferimento, concludono un contratto aitpico produttivo<br />

di analoghi risultati giuridico-economico”.<br />

181 Meritano di essere ricordate in tal senso l'opinione di F. GAZZONI, Atipicità del contratto, giuridicità<br />

del vincolo e funzionalizzazione degli interessi, Riv. Dir. Civ., 1978, I, 62, il giudizio di meritevolezza<br />

dovrebbe mirare a verificare "l'idoneità in astratto dello schema" atipico adoperato "[il quale dovrà<br />

rispettare le norme poste dalla legge in tema di procedimento di formazione dell'accordo (modi e forme),<br />

cioè di procedimento di creazione dello strumento contrattuale], nonché effettiva intenzione dei contraenti<br />

di assoggettare il rapporto privato alla normativa legale, nel senso di creare un vincolo personale<br />

coercibile secondo i principi giuridici". Di tutt'altro segno la tesi di R. LANZILLO, Regole del mercato e<br />

congruità dello scambio contrattuale, in Contr. impr., 1985, p. 333 ss. che mira a valorizzare l'art. 1322,<br />

2° comma, c.c. nella prospettiva di controllo della congruità delle prestazioni tra le parti. Sul punto<br />

tuttavia nota A. ALBANESE, Violazione di norme imperative e nullità del contratto, Napoli, 2003, p. 331.,<br />

che tale conclusione "risulterebbe (...) in contrasto con le scelte operate dal nostro ordinamento, il quale<br />

attribuisce rilevanza allo squilibrio contrattuale soltanto in ipotesi specifiche, connotate dalla presenza di<br />

ulteriori requisiti espressamente previsti dalla legge, e pertanto esclude che esso possa divenire criterio da<br />

solo sufficiente a decidere della validità dell'atto". L'A. osserva, ult. op. loc. cit. n. 83, che "da questo<br />

punto di vista le norme che disciplinano la rescissione, le clausole vessatorie nei contratti dei<br />

consumatori, gli interessi usurari e l'abuso di dipendenza economica concorrono tutte a dimostrare<br />

l'insufficienza, ai fini della invalidità contrattuale, della mera sproporzione o iniquità delle condizioni<br />

pattuite dalle parti". Sulla ininfluenza del semplice squilibrio economico tra le prestazioni sul giudizio di<br />

meritevolezza e sulla validità dell'atto si veda anche M. COSTANZA, Meritevolezza degli interessi ed<br />

equilibrio contrattuale, in Contr.e Impresa 1987, 423 ss.<br />

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