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“SEPARAZIONE PATRIMONIALE E AUTONOMIA PRIVATA”

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potrebbe che essere considerata invalida 408 .<br />

Nel secondo gruppo di norme, invece, la difesa dei beneficiari o dell’attuazione dello<br />

scopo 409 è affidata alla inopponibilità/inefficacia dell’atto sul vincolo di destinazione.<br />

Il che, nel caso dell’art. 831 c.c., è forse previsto proprio in vista della necessità di non<br />

impedire la circolazione del bene che potrebbe anzi garantire la migliore attuazione<br />

dello scopo del culto.<br />

Da parte sua l’art. 2645 ter c.c. tace sull’esercizio del potere di disposizione sul bene<br />

vincolato. La nuova norma si limita a disporre l’opponibilità ai terzi del vincolo<br />

trascritto e, da un punto di vista sostanziale, che “i beni conferiti e i loro frutti possono<br />

essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione”.<br />

Proprio quest’ultimo precetto sembra esprimere, mediante il riferimento al generale<br />

concetto di impiego, una facoltà di disposizione dei beni, seppur indirizzata al<br />

raggiungimento dello scopo del contraente. Non pare dunque espresso un c.d. divieto di<br />

alienazione, inteso come obbligo, in capo al gestore, di “non fare, cioè (…) non disporre<br />

della cosa oggetto del divieto” 410 .<br />

408 E. MOSCATI, Alienazione (divieto di), p. 4 e 5 dove, rispetto all’art. 169 c.c., precisa che “(...) in<br />

mancanza della disciplina convenzionale del rapporto, le formalià e gli oneri previsti dalla legge<br />

obbligano le parti non diversamente che se fossero imposti a mezzo di norme imperative. Inquadrato in<br />

una simile prospettiva, si comprende perché l’art. 169 possa assolvere alla duplice funzione di norma<br />

dispositiva e di limite all’autonomia privata, la cui inosservanza non può che dar luogo alla nullità<br />

dell’atto di alienazione”. In giurisprudenza si esprime in tal senso Trib. Napoli, 25 novembre 1998, in<br />

Notariato, 1999, p. 451 afferma che “l’atto di alienazione dei beni del fondo patrimoniale realizzato in<br />

violazione dell’art. 169 c.c. è nullo perché illecito”.<br />

409 Nel caso dell’art. 831 c.c. non pare infatti che si possa parlare di beneficiari.<br />

410 Definisce così il contenuto dei patti di non alienare E. MOSCATI, Alienazione (divieto di), in Enc. Giur.<br />

Treccani, 1988, I, p. 4. In senso diverso dalla opinione sopra accolta si è espresso F. PATTI, Gli atti di<br />

destinazione e trust nel nuovo art. 2645 ter c.c., in Vita Notarile, 2006, p. 991, per il quale “(…) la norma<br />

introdotta dall’art. 2645 ter c.c. rappresenti una norma sostanziale, e più precisamente una norma<br />

imperativa, la cui violazione comporta la più incisiva sanzione di nullità, ai sensi dell’art. 1418 c.c.,<br />

consentendosi, a chiunque abbia interesse alla salvaguardia del vincolo di destinazione, di porre nel nulla<br />

tutti i negozi che distolgano i beni dalla finalità prefissata, mediante un’azione imprescrittibile tesa ad<br />

ottenere una pronuncia avente efficacia erga omnes”. L’A. invoca a sostegno della propria conclusione la<br />

circostanza che “l’art. 2645 ter c.c. attribuisce la legittimazione ad agire a “qualsiasi interessato”,<br />

evidenziando una notevole assonanza con il disposto dell’art. 1421 c.c., secondo cui la nullità può essere<br />

fatta valere da chiunque vi abbia interesse, mentre l’inefficacia può essere fatta valere soltanto dai<br />

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