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“SEPARAZIONE PATRIMONIALE E AUTONOMIA PRIVATA”

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Secondo parte della dottrina, mancando qualsiasi altra qualificazione, il conferente<br />

potrebbe essere anche una persona giuridica. 209 La conclusione, di per sé, potrebbe<br />

anche essere condivisa; c'è da rilevare tuttavia come un atto di destinazione da parte di<br />

una persona giuridica ponga il problema del confronto tra l'art. 2645 ter c.c. ed i limiti,<br />

soggettivi ed oggettivi, previsti per la disciplina dei patrimoni destinati ad uno specifico<br />

affare.<br />

La considerazione della disciplina di cui agli art. 2447 bis c.c. e ss. induce allora a<br />

ritenere ammissibile una destinazione patrimoniale ex art. 2645 ter c.c. da parte di una<br />

persona giuridica solo ove lo scopo avuto di mira non sia lucrativo o di natura<br />

economica, non rappresenti cioè un "affare".<br />

Parzialmente diversa pare la conclusione che deve trarsi rispetto alla possibilità che i<br />

beneficiari siano persone giuridiche o altri enti, ipotesi direttamente considerata dal<br />

legislatore. Sotto tale profilo si deve valorizzare ancora una volta la lettera della<br />

disposizione in esame, nella parte in cui indica tra i possibili beneficiari della<br />

giuridica degli contemplati dall’art. 793, 3° al., cod. civ.: essi possono agire in giudizio<br />

non perché il modus venga adempiuto nei loro confronti, il che presupporrebbe la qualità di creditori, ma<br />

allo scopo di costringere l’onerato, o chi per esso, a compiere la scelta”. Nello stesso senso P. GELATO,<br />

Modo, in Digesto delle discipline privatistiche, sezione civile, vol. XI, Torino, 1994, , p. 394. La<br />

circostanza che beneficiario della destinazione possa essere anche la Pubblica Amministrazione potrebbe<br />

condurre a conclusioni diverse. Del resto, già relativamente all’art. 793 c.c., altra parte della<br />

giurisprudenza aveva ritenuto che potesse agire per l’adempimento anche chi si fosse trovato in una<br />

posizione mediata e riflessa, purché non vaga e generica, “di chi riceve comunque vantaggio<br />

dall’adempimento della prestazione dedotta” (così A. TORRENTE, La donazione, Milano, 1956, p.493). È<br />

indubbio infatti che, in una ipotesi come quella in cui beneficiario sia la Pubblica Amministrazione,<br />

esisterebbe in capo agli amministrati un interesse giuridico sufficientemente apprezzabile all’attuazione<br />

della destinazione. Inoltre, sotto altro profilo, deve pure essere segnalata la differenza letterale tra gli artt.<br />

793, 3° comma, e 648, 2° comma, c.c. da un lato e l’art. 2645 ter c.c. dall’altro. Infatti, mentre le prime<br />

due norme riferiscono l’azione popolare all’”adempimento dell’onere”, la nuova disposizione riconduce<br />

la legittimazione ad agire alla “realizzazione” degli “interessi” della destinazione. L’art. 2645 ter c.c.<br />

sembra porre la legittimazione de qua su un piano diverso da quello dell’interesse all’adempimento di un<br />

rapporto obbligatorio, probabilmente proprio in ossequio alla rilevanza ultraindividuale dello scopo della<br />

destinazione. In questo senso l’opinione di C. SCOGNAMIGLIO, L’art. 2645 – ter c.c. e le mobili frontiere<br />

dell’interesse meritevole di tutela, relazione al convegno organizzato dall’Università di Foggia a Lucera<br />

il 30-31 marzo 2007.<br />

209 M. BIANCA - M. D'ERRICO - A. DE DONATO - C. PRIORE, L'atto notarile di destinazione. L'art. 2645-<br />

ter del codice civile, Milano, 2006, p. 29.<br />

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