“SEPARAZIONE PATRIMONIALE E AUTONOMIA PRIVATA”
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costituzionale, di cui all'art. 30 Cost., del diritto al mantenimento dei figli anche se nati<br />
al di fuori del matrimonio. Il tenore letterale della nuova disposizione induce peraltro a<br />
ritenere che quando il beneficiario si trovi in una situazione di debolezza destinata a<br />
durare anche oltre il raggiungimento della maggiore età la destinazione patrimoniale<br />
non resterebbe assoggettata al termine legale risolutivo previsto dall'art. 171, II comma,<br />
c.c.; da questo punto di vista l'introduzione dell'art. 2645 ter c.c. è anzi apprezzabile in<br />
quanto consente di dare risposte ad esigenze rispetto alle quali le destinazioni tipiche,<br />
quale il fondo patrimoniale 318 o la sostituzione fedecommissaria 319 , risultano per varie<br />
318 Con riferimento al rapporto tra l'art. 2645 ter c.c. ed il fondo patrimoniale si veda, per l'identità delle<br />
questioni interpretative che solleva, il decreto del Tribunale di Milano del 7 giugno 2006, di cui dà<br />
notizia S. CLERICÒ, Il trust (autodichiarato) ed il fondo patrimoniale: due istituti sovrapponibili, in Riv.<br />
Notariato 2007, III, p. 222, con cui è stato omologato un verbale di separazione consensuale tra coniugi<br />
tra le cui condizioni era tra l'altro previsto che i coniugi stessi istituissero in trust beni immobili di loro<br />
proprietà sui quali era stato precedentemente costituito un fondo patrimoniale. Finalità espressa del trust<br />
istituito è "perpetuare i benefici connessi al fondo patrimoniale anche per i casi in cui il fondo stesso<br />
dovesse cessare mantenendo il vincolo di destinazione impresso ai beni del fondo per soddisfare i bisogni<br />
della famiglia assicurando ai figli (...), alla madre, e, ove necessario, al padre lo stesso tenore di vita<br />
goduto in costanza di convivenza dai genitori, sino a che i figli non avranno completato il ciclo di studi e<br />
avranno raggiunto l'autonomia economica". Orbene, con riferimento alla validità della clausola relativa al<br />
termine finale del trust valgono le stesse considerazioni svolte poco sopra. Merita qui essere evidenziato<br />
come il Tribunale di Milano sia incorso in un evidente errore di prospettiva, scambiando oggetto e mezzo<br />
della tutela. Tra le finalità del trust qui in considerazione, sembra prevalere quella di "perpetuare i<br />
benefici connessi al fondo patrimoniale anche per i casi in cui il fondo stesso dovesse cessare"; scopo dl<br />
trust istituito pare dunque, piuttosto che la cura di alcuni interessi, godere di una disciplina favorevole<br />
anche quando per l'ordinamento ne sono cessati i presupposti. Nello stesso senso delle osservazione qui<br />
proposta si veda U. LA PORTA, Destinazione di beni allo scopo e causa negoziale, Napoli, 1996, p. 7 per<br />
il quale"la destinazione allo scopo determina una funzionalizzazione del diritto vantato sui beni (...), per<br />
cui l'aspetto della compressione della garanzia del credito è solo secondario e resta estraneo alla<br />
identificazione funzionale del fenomento" dovendosi piuttosto guardare "al fatto destinatorio ed alla<br />
natura degli interessi che si perseguono con la determinazione del vincolo reale sui beni che si deve<br />
guardare per giudicare della liceità e della meritevolezza di tutela di ogni singola fattispecie". Sul punto si<br />
veda anche C. CASTRONOVO, Trust e diritto civile italiano, in Vita Notarile, 1998, p.. 1330 per il quale<br />
"nel caso del trust, la separazione dei beni che ne sono oggetto rispetto al patrimonio del trustee è soltanto<br />
strumentale al perseguimento dell'intento proprio soggiacente al trust, se si vuole alla sua causa".<br />
319 Evidenzia le insufficienze della disciplina del fedecommesso c.d. assistenziale A. VENCHIARUTTI,<br />
Amministratore di sostegno e trust per una protezione articolate del disabile, in Nuova Giurisprudenza<br />
Civile e Commentata, 2006, I, p. 1211 ss.<br />
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