“SEPARAZIONE PATRIMONIALE E AUTONOMIA PRIVATA”
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negozio atipico di destinazione in astratto". 39<br />
Il percorso della dottrina appare pertanto chiaro.<br />
Da una concezione rigidamente tipica delle ipotesi di separazione patrimoniale si è<br />
giunti, partendo dal punto di vista dell'autonomia privata, ad una del tutto atipica. 40<br />
39 A. GEMMA, Destinazione e finanziamento, Torino, 2005, p. La conclusione raggiunta da Gemma è stata<br />
criticata in dottrina da A. DI MAJO, Responsabilità e patrimonio, p. 82 n. 6 in quanto non offrirebbe<br />
"quell'elemento di discontinuità rispetto al comune modello di agire dei privati, elemento che è l'unico a<br />
poter giustificare l'ingresso nel nostro sistema di un effetto di destinazione che sia altro da quello<br />
attributivo e cioè un effetto di rottura. L'elemento di discontinuità è invece fornito dal binomio<br />
patrimonio-attività, restando invece il ruolo della volontà in posizione subordinata". Con l'espressione<br />
"binomio patrimonio - attività" Di Majo, ult. op. cit., p. 74, sintetizza "il filo rosso" che legherebbe le più<br />
recenti ipotesi di separazione caratterizzate dalla presenza di un patrimonio che,"lasciando da parte il<br />
terreno della garanzia e delle sue articolazioni (quanto a ceto dei creditori), diventa soggetto e/o<br />
protagonista di attività, così da attribuire senso all'espressione , che è<br />
qualcosa di più e di diverso rispetto alla comune acquisizione che ogni attività si esercita a mezzo di<br />
beni". Sul profilo della negoziabilità dell'effetto di separazione, si veda in senso contrario C.<br />
CASTRONOVO, Trust e diritto civile italiano, in Vita Notar. ,1998, I, p. 1329, per il quale l'art 2740 c.c.<br />
"(...) non formula un divieto ai soggetti privati di disporre una separazione dei beni; è, invece, la<br />
separazione dei beni un effetto come tale non perseguibile perchè dalla norma in questione e da norme<br />
come quella dell'art. 19, d. lg. n. 415/1996 prima menzionato si ricava il principio per cui le ipotesi di<br />
separazione patrimoniale possono essere prevedute soltanto dalla legge e rimane fuori dall'ambito<br />
dell'autonomia privata un effetto simile".<br />
40 Non mancavano, anche di recente, opinioni di segno contrario e più vicine all'orientamento<br />
tradizionale. Tra queste si veda R. QUADRI, La destinazione patrimoniale, Napoli, 2004, p. 336, per il<br />
quale "non sembra che la meritevolezza dell'interesse perseguito dal disponente, attraverso il negozio di<br />
destinazione, possa valere ad evitare il confronto della fattispecie destinatoria, quale unitariamente<br />
considerata, con la regola posta nell'art. 2740, comma 2°, c.c.". Nello stesso senso M. BIANCA, Vincoli di<br />
destinazione e patrimoni separati, p. 246, secondo cui "la negazione del principio di responsabilità<br />
patrimoniale quale principio di ordine pubblico non implica tuttavia necessariamente la negazione della<br />
inderogabilità ad opera dei privati di quel principio, stante l'autonomia dei due piani. Infatti, se deve<br />
ammettersi l'evoluzione del sistema verso forme di specializzazione della responsabilità, deve altresì<br />
riconoscersi che tali forme sono state introdotte nel nostro sistema attraverso leggi speciali.<br />
L'introduzione attraverso atti normativi conserva il valore del principio espresso dal secondo comma<br />
dell'art. 2740 del codice civile, secondo cui le limitazione di responsabilità sono ammesse solo nei casi<br />
stabiliti dalla legge". Aderivano pure all'orientamento tradizionale V. MARICONDA, Contrastanti decisioni<br />
sul trust interno: nuovi interventi a favore ma sono nettamente prevalenti gli argomenti contro<br />
l'ammissibilità, in Corriere giuridico, 2004, 76 ss., F. GAZZONI, In Italia tutto è permesso, anche quel che<br />
è vietato (lettera aperta a Maurizio Lupoi sul trust e su altre bagatelle), in Riv. Notariato, 2001, I, p.<br />
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