Journal of Italian Translation

Rina Ferrarelli/ Rina Ferrarelli 163
all’altra la navetta. Mia madre, ch’era la più
delicata, quella che sognava d’altri posti, altre
vite, se ne stava dove la luce le cascava sulle mani,
e tirando i fili, tessuti stretti stretti dalla sorella,
strutturava lo spazio colla seta, bianco su bianco,
orli traforati, piccole finestre rabescate.
Ruvidi o fini, i panni che conservavo erano fatti
per superare le prove del ranno e delle pietre.
Io il bucato lo faccio nella lavatrice, e quando
il tempo è bello, metto tutto fuori ad asciugare,
come fanno le donne al mio paese, tirando
e stirando con le mani, modellando la tela
mentre è umida. Per lo più si son mantenute belle
queste cose. Le poche logore, non lo sono
per l’uso. È stato il chiuso della cassa—
per tenerle intatte—che ha indebolito il tessuto.
Il Ponte
È finalmente arrivato il progresso
al sud dimenticato.
Una nuova superstrada
ampia e diritta
come non ce n’erano mai
ha tagliato la mensola di via
le curve strette del ponte.
La croce al lato della strada
ricorda ai pochi
che ancora si rammentano,
ogni giorno più pochi,
gli uomini che morirono
sbattendo contro le pietre del fiume
quando il camion sbandò dal ponte.
Sette uomini che sapevano far senza,
che si muovevano
nello stesso piccolo spazio
senza prendere niente per scontato.
Il ponte si sta sgretolando,
fiori viola spuntano dal muro.
Il fiume continua il suo cammino
come ha fatto quella volta