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Journal of Italian Translation

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Traduzione da altre lingue<br />

nel dialetto molisano<br />

di Giose Rimanelli<br />

Uno dei maggiori traduttori nonché critico contemporaneo<br />

dei vari dialetti italiani in lingua Inglese, Luigi Bonaffini, in<br />

occasione dell’uscita del primo numero di una nuova rivista<br />

di traduzioni da lui diretta, <strong>Journal</strong> <strong>of</strong> <strong>Italian</strong> <strong>Translation</strong> gentilmente<br />

m’invita a collaborare con un qualcosa in linea con l’etica linguistica del<br />

<strong>Journal</strong>, ricordandomi quanto segue:<br />

“Dato che in Gioco d’amore Amore del gioco 1 hai tradotto poesie dal<br />

provenzale ed altre lingue nel tuo dialetto, ho pensato che potresti parlare<br />

di questo tuo libro e della problematica di tradurre in dialetto testi che<br />

appartengono sia alla tradizione romanza sia alla letteratura<br />

contemporanea. Potresti anche citare l’altro molisano che si è cimentato<br />

in tal senso, cioè Beppe Jovine che ha tradotto Montale. Lui dice che in<br />

dialetto si può esprimere tutto, ma è chiaro che il problema principale è<br />

quello di rendere un testo scritto in lingue s<strong>of</strong>isticate come il provenzale e<br />

l’inglese, che appartengono a tradizioni letterarie molto ricche, in un<br />

linguaggio molto più povero e con scarsi riferimenti culturali.”<br />

Bonaffini è un principe nell’arte della traduzione e sua lessicografia, 2<br />

mentr’io mi considero in quell’arte un dilettante, e le ragioni o cause sono<br />

due: Bonaffini conosce la pr<strong>of</strong>onda semantica dialettica-orale dei dialetti<br />

italiani (e culturalmente degli antichi, devo credere), mentr’io - da<br />

narratorein più lingue e poeta - mi considero solo un curioso delle lingue<br />

in genere, essendo il mio metodo non esattamente quello del “traduttore”<br />

ma del novello studente il quale - come appunto accade in Gioco d’amore<br />

Amore del gioco - traduce col vocabolario in mano dopo aver controllato le<br />

grammatiche delle lingue in corrispondenza con quelle che lui già conosce.<br />

Si tratta di un “gioco” infatti, come appunto il titolo del mio libro dichiara,<br />

che sempre comporta tuttavia un gran rischio: sballare concetto e ritmo<br />

della determinata lirica del tale autore, inventandone una propria con<br />

una certa vis comica o, alla Cicerone, obbedendo alla Virtù come guida, a<br />

braccetto con la Fortuna.<br />

A parte il Provenzale, che fu mia curiosa necessità adolescenziale di<br />

studio al di là della noia, cercai anche di annusare latino e greco in un<br />

Istituto di Frati Minori Francescani nei miei anni puberi; e ripeto che cercai<br />

di studiarli soprattutto come diversivo alla mia quasi “naturale” noia<br />

d’ogni cosa; vivevo infatti come in una bottiglia d’acqua con solo la testa<br />

fuori, respirando aria, quindi parole, idee di gente lontana in tempi lontani<br />

che, poi mi accorsi, mi stavano accanto più vivi dei miei collegiali<br />

compagnucci. Mi accorsi infatti che, mentre sfuggivo un certo ordine di

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