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Fibrosi Cistica: parliamone insieme - Parte terza: l'età adulta

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- Flume P et al “Pulmonary complications: Hemoptysis and pneumothorax”. Cystic <strong>Fibrosi</strong>s Pulmonary Guidelines,<br />

Am J Respir Crit Care Med 2010; 182: 298-306.<br />

- Vidal V “Bronchial artery embolization in adults with cystic fibrosis: impact on the clinical course and survival”.<br />

J Vasc Interv Radiol. 2006 Jun; 17(6):953-8.<br />

9.2 L’insufficienza respiratoria<br />

Una storia<br />

DOVE SONO I LIMITI?<br />

l’età <strong>adulta</strong><br />

Buongiorno Dottoressa,<br />

dal nostro ultimo incontro, l’anno scorso, quando le chiesi di aiutarmi a capire i<br />

problemi di perfusione e ventilazione polmonare, le cose per me si sono ulteriormente<br />

complicate. Da dicembre uso l’ossigeno di notte, e da febbraio ho cominciato<br />

ad usarlo anche durante il giorno, all’inizio solo per camminare, poi quasi<br />

continuativamente. Vista la situazione, il dottor X, già a gennaio, mi ha consigliato<br />

di pensare ad un trapianto. Molte cose si mettono in preventivo, ed anche queste<br />

le avevo considerate. La velocità con cui sono diventate realtà mi ha sorpreso,<br />

a tratti anche abbattuto. Ho dovuto fare i conti con un corpo divenuto debole e<br />

fragile, ho dovuto imporre al mio cervello di considerare ostacoli da affrontare<br />

con cautela le scale di casa, le piccole cose di ogni giorno. Ho dovuto considerare<br />

passate molte delle cose che mi hanno sempre fatto sentire vivo: camminare,<br />

sciare, andare in montagna. Ho cominciato a pensarle in un futuro ipotetico, in<br />

un dopo. Se e quando il trapianto sarà andato bene. A fine febbraio ho avuto una<br />

esacerbazione, da lì ho cominciato l’ossigeno continuativamente. Purtroppo al<br />

Centro non c’era posto, così ho cominciato un ciclo ev casa. Ed ho anche cominciato<br />

ad uscire con lo stroller (lo facevo già per camminare da un po’, 5 km al<br />

giorno, come allenamento), per andare a fare la spesa o per prendere un gelato<br />

con Irene. Dalla settimana scorsa la situazione respiratoria è migliorata. Giovedì<br />

10 marzo sono salito in seggiovia su di una montagna vicino a Belluno, il Nevegal,<br />

fino a 1590 m. Da lì ho messo gli sci d’alpinismo e ho risalito le creste che portano<br />

ad un’altra montagna, il Col Visentin, 1763 m. Purtroppo mi sono dovuto fermare<br />

prima della cima, a 1730 m, perché non ero sicuro di avere abbastanza ossigeno<br />

nello stroller per compiere tutto il tragitto fino in vetta e poi per tornare a valle.<br />

Sono comunque salito per 2 ore e venti minuti, per circa 200 m di dislivello tra una<br />

cima e l’altra. È stato un modo per rendermi conto che sono ancora vivo, che sono<br />

ancora io, nonostante la fatica, e i limiti imposti dalla riserva di ossigeno. Ma<br />

appunto questo ho provato a me stesso. Che i limiti sono fuori, non dentro di me.<br />

Non potrò più salire grandi cime, o altitudini importanti, ma non per questo dovrò<br />

limitarmi a una vita d’attesa, fermo e piegato su me stesso. Vorrei condividere con<br />

lei l’entusiasmo e la gioia che ho provato guardando di nuovo le cose dall’alto. Le<br />

devo molto, e questo è un modo per dirle grazie.<br />

Marco Menegus<br />

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