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Fibrosi Cistica: parliamone insieme - Parte terza: l'età adulta

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consiglio è di rivolgersi per cominciare all’Assistente Sociale del proprio centro<br />

e/o a quella di centri che hanno assistito altre coppie FC in analoghe situazioni.<br />

Una storia<br />

fibrosi cistica: <strong>parliamone</strong> <strong>insieme</strong><br />

UNA COMUNICAZIONE ANOMALA<br />

Il primo ricovero di Fabio C. arriva quando è già un giovanotto di 23 anni:<br />

viene da un famiglia della buona borghesia della capitale, che si è sempre rivolta<br />

ad un luminare universitario, amico del padre, per la cura dei disturbi intestinali<br />

presenti fin da quando il ragazzo era piccolo. Erano stati imputati alla celiachia,<br />

una celiachia strana che migliorava con l’assunzione di una piccola dose di enzimi<br />

pancreatici, suggeriti sempre dal luminare, il quale sosteneva esistessero casi<br />

particolari di celiachia che si comportano così. Nessuno ha messo mai in dubbio<br />

la cosa, fino a che Fabio stesso non si chiede se non sia meglio venire a capo del<br />

problema in un posto specializzato. Con il primo ricovero presso un Centro FC<br />

giunge anche la diagnosi di fibrosi cistica in forma pancreatica e respiratoria<br />

(con manifestazioni polmonari modeste). Un colpo incassato bene perché sembra<br />

un punto fermo raggiunto dopo anni di incertezze. Fabio ha un sacco di cose da<br />

chiedere, vuole sapere, vuole recuperare il tempo perduto. Il tempo che il medico,<br />

che segue i pazienti adulti, gli dedica, sembra non bastare mai. Dopo la prima<br />

settimana però le principali informazioni sono date, seguendo una scaletta che va<br />

di pari passo con l’approccio del personale all’istruzione sulle terapie. Il medico<br />

referente per Fabio, esperto anche delle procedure in fatto di comunicazione, ha<br />

tenuto per ultime le informazioni sulla possibilità dell’infertilità, rimandandole<br />

al lunedì successivo. Il sabato però l’équipe medica del Centro ha programmato<br />

un incontro con i genitori dei bambini ricoverati, per parlare della malattia, dei<br />

sintomi e delle cure. Nel corso dell’incontro il medico parla anche del problema<br />

dell’infertilità, senza nulla nascondere. Finite le diapositive e spento il proiettore,<br />

arriva il momento delle domande. Chi alza la mano? Fabio C., che ha partecipato<br />

all’incontro in qualità di “adulto” con FC. È sbigottito, pallido: “Dottoressa,<br />

questo non me l’aveva detto!”.<br />

Il medico vorrebbe sprofondare e abbozza le giustificazioni del caso: un’informazione<br />

che si tiene fra le ultime, a cui bisogna dedicare tempo, attraverso un colloquio<br />

riservato, per parlare di come accertarla, di come si può superarla ecc. Fabio<br />

è una persona intelligente, perdona la dottoressa, pur facendole notare che avrebbe<br />

dovuto dirglielo prima. Prima quando? Per anni, seguendolo nei ricoveri, il medico<br />

si chiede se quella comunicazione così anomala e per certi versi abbastanza traumatica<br />

non gli abbia nuociuto, e quale sarebbe potuto essere l’approccio migliore.<br />

Fabio a farsi una famiglia e ad avere figli ci tiene moltissimo. Si laurea, lavora. Si<br />

sposa. Un giorno telefona al Centro e vuole proprio parlare con la dottoressa, non<br />

con altri. Seguendo con grande determinazione un percorso né semplice né breve,<br />

però senza far sapere o chiedere informazioni e dichiarazioni ai curanti del Centro,<br />

come di solito avviene in questi casi, ha ottenuto l’adozione di una bambina!<br />

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