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Dialoghi sulla religione naturale - Studi umanistici Unimi - Università ...

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148 IL REFERENTE STORICO<br />

The Scotch presbyterian eloquence e An answer... circolarono in Sco­<br />

zia rilegate insieme, a diletto di quanti erano disposti a sghignazzare<br />

su entrambi i partiti 29 . Leggendo le due opere viene irresistibilmente<br />

l'idea che Hume, nei Dialogues, ponendo l'uno accanto all'altro i di­<br />

scorsi di Demea a di Cleante, abbia voluto fare qualcosa di analogo,<br />

anche se a ben diverso livello. Sia i discorsi di Demea sia quelli di<br />

Cleante hanno un tono predicatorio ed entrambi i personaggi sono de­<br />

scritti, sia pure non esplicitamente, come ecclesiastici. E poiché è so­<br />

prattutto Demea ad aver l'aria del minister 30, conoscendo l'atteggia­<br />

mento di Hume nei confronti del carattere, anche fisico, degli espo­<br />

nenti del clero, ci si spiega come egli sia anche il personaggio che esce<br />

più malconcio dai Dialogues. Il tono esclamativo e apocalittico dei<br />

suoi discorsi ricorda da vicino quello dei highflyers, la parte più tra­<br />

dizionale del clero scozzese, di cui diremo fra poco, e in particolare<br />

quello di Thomas Boston. Quanto a Cleante, egli assume esplicitamente<br />

toni declamatori, per esempio alla fine della IV parte: dopo tre frasi,<br />

che si concludono nell'ordine con due interrogativi e un punto escla­<br />

mativo, egli conclude: « The heavens and thè earth join in thè same<br />

testimony: The whole chorus of nature raises one hymn to thè praises<br />

of its Creator... » (p. 202). Il referente scozzese più prossimo dello<br />

stile oratorio di Cleante è da ricercare nella versione moderata dell'elo­<br />

quenza presbiteriana, come vedremo parlando di Hugh Blair 3I .<br />

Presbyterian Eloquence but what, at least, is probable » ([E. BURT], Letters from<br />

a gentleman in thè north of Scotland... [1754], 2 vols, London 1759 2 , I, p. 213).<br />

29 Ci rimane un testo in cui The Scotch presbyterian eloquence è rilegato insie­<br />

me con YAssembly, una satira anticlericale di Archibald Pitcairne (cfr. T. MAX­<br />

WELL, The Scotch presbyterian eloquence..., cit., p. 251).<br />

30 Anche M. MORRISROE Jr., The rhetoric of thè dialogues of David Hume,<br />

cit., nota che « although Demea is not strictly presented as a clergyman, he unmi-<br />

stakably is one » (p. 67).<br />

31 È da notare come l'ideale dell'eloquenza professato da Hume in Of elo-<br />

quence sia più vicino a quello proprio della <strong>religione</strong> tradizionale scozzese e a<br />

quello dell'oratoria cattolica barocca (egli loda i francesi Fléchier e Bourdaloue)<br />

che a quello latitudinario, adottato in Scozia dai predicatori moderati. Secondo<br />

Hume, l'orazione dev'essere elegante, veemente, persuasiva, come quella antica,<br />

da lui giudicata largamente superiore a quella moderna, e, particolarmente, a<br />

quella inglese propriamente detta. Egli giunge ad ammirare nell'oratore la gestico­<br />

lazione e la « suppositio pedis ». Hume è tuttavia d'accordo con il modello angli­<br />

cano nel respingere l'obbligo dei discorsi non estemporanei e cerca una via di<br />

compromesso fra il discorso letto e il discorso improvvisato. Sul problema cfr. J.<br />

F. DOERING, David Hume on oratory, « Quarterly journal of speech », XXV (1939),<br />

pp. 409-16.

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