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Dialoghi sulla religione naturale - Studi umanistici Unimi - Università ...

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I " DIALOGUES " COME OPERA POSTUMA 29<br />

Rottasi con l'insuccesso del Treatise la coerenza pur faticosamente<br />

raggiunta tra contenuti e forma, tra problemi di creazione, problemi di<br />

composizione e problemi di pubblicazione, Hume limita, o almeno crede<br />

di limitare i propri interventi alla rielaborazione di ciò che è stato creato<br />

dal proprio còte filosofico, ora ridotto a serbatoio di contenuti che ap­<br />

paiono sempre più estranei al se stesso editoriale — sino al definitivo<br />

disconoscimento del 1776 della sua opera giovanile —, e riduce, almeno<br />

nelle intenzioni, la propria funzione a quella di un divulgatore che ob­<br />

bedisce alle norme, non meno estranee, dettategli dal proprio cote edi­<br />

toriale. Ovvero constata l'insorgenza quasi involontaria dei contenuti<br />

filosofici e la necessità di « ripeterli » nella forma adatta.<br />

Tra il primo e il secondo còte, dopo che il fallimento del 'Treatise<br />

ha cresimato il secondo, quello editoriale, e ha associato al primo una<br />

connotazione negativa, s'instaura un rapporto singolare, analogo a quello<br />

tra figlioletto disordinato ma geniale e padre ordinato ma stupido. Il<br />

secondo còte, quello editoriale, fa da cicerone e insieme da tutore-cen-<br />

sore del primo, e lo tiene per mano; il primo è quello della creazione<br />

filosofica, ma solo il secondo è quello della comunicazione. Il primo è<br />

sistematicamente inibito, ma è il solo che crea. Sino al punto che esso<br />

non trova altra via per esprimersi se non quella di porsi come irrespon­<br />

sabile e inevitabile, come altro dalla coscienza, ma da essa paradossal­<br />

mente autorizzato ad agire, sia pur nella forma del « peccato ». Diventa<br />

inclinazione inarrestabile, un istinto. La coscienza viene declassata a<br />

portaordini formale e giunge ad affidare ad un'altra persona il compito<br />

di fare da tutore alla sua parte irresponsabile. Tra còte filosofico e<br />

cote editoriale v'è un rapporto conflittuale singolarmente analogo a quel­<br />

lo che dominò l'intera speculazione di Hume, tra ragione e « belief ».<br />

La « Propensity » alla « Imagination », di cui Hume parla nella<br />

lettera a Elliot è colta come qualcosa di vitalistico, di cui la coscienza,<br />

concepita come statica regolatrice e censuratrice, può prendere solo atto.<br />

In quanto la coscienza si coglie come qualcosa di estraneo a se stesso,<br />

anche ciò che compensa questa estraneità finisce per essere inteso come<br />

estraneo: al punto che l'operazione compensativa può essere svolta,<br />

anche materialmente, da un'altra persona. E la cosa è facilitata dal fatto<br />

che la coscienza riconosce qualcosa che, in quanto rifiutata, è rimasta<br />

tendenzialmente identica e che si traduce in una reazione fissa. Hume<br />

dirà a Blair, in una lettera del 1761 che riporteremo più avanti, che<br />

da una discussione <strong>sulla</strong> <strong>religione</strong> non ha più niente da imparare; può<br />

solo riconoscere la propria reazione fissa; riconoscersi nella maschera

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