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Dialoghi sulla religione naturale - Studi umanistici Unimi - Università ...

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268 IL REFERENTE STORICO<br />

it is sufficient, that we be fully impressed with thè necessity of a<br />

Creator, and trace thè universe with ali its regularity and beauty, as<br />

one great effect, to thè almighty source of being<br />

e dicendo che era antieconomico, se non impossibile, pensare di rincor­<br />

rere tutta la sequenza dei rapporti causali, prima « naturali » e poi<br />

« efficienti » per risalire alla prima causa. Una dottrina come quella di<br />

Hume e come quella abbracciata da Leslie, se correttamente intesa,<br />

bastava cioè, secondo Brown, a giustificare la fede in Dio creatore del<br />

mondo 8 .<br />

Il caso Leslie getta luce sul rimescolamento di carte provocato<br />

dalla dottrina di Hume e, in particolare, sull'avvicinamento che si veri-<br />

fico nella seconda metà del 700 e all'inizio dell'800 fra la versione per<br />

così dire post-humiana della teologia presbiteriana ortodossamente cal­<br />

vinista (e diremo fra poco degli « evangelici humiani ») e la versione<br />

post-humiana della teologia moderata (e per quest'ultima si pensi a un<br />

Lord Kames e in genere alle dottrine espresse in materia di <strong>religione</strong><br />

dai filosofi del senso comune, che mostrarono la tendenza ad abbando­<br />

nare la versione strettamente meccanicistica ed empiristica della prova<br />

dell'ordine, volgendosi in una dirczione interioristica).<br />

Le due strade che si aprivano ai moderati, una volta caduti i fonda­<br />

menti epistemologici di quella prova a posteriori che costituiva l'essenza<br />

della loro <strong>religione</strong> — esclusa quella della ripetizione meccanica degli<br />

argomenti tradizionali 9 —, erano rappresentate dall'abbandono puro e<br />

8 Th. BROWN, Obscrvations on thè nature and tendency of thè doctrine of Mr.<br />

Hume, concerning thè relation of cause and effect, Edinburgh 1806, pp. 111-13.<br />

9 II solo tentativo di una certa rilevanza di difendere la prova dell'ordine in<br />

campo religioso e con argomenti scientifici compiuto dopo i Dìalogues è quello di<br />

John S. MILL in Theism, l'ultimo dei postumi Three essays in religion (1874). Se­<br />

condo Mili, alla base della prova dell'ordine non sarebbe da porre, come fa Cleante,<br />

il concetto di analogia, ma quello di induzione; in particolare egli fa ricorso a uno<br />

dei quattro metodi dell'induzione scientifica, quello dell'accordo, secondo cui se<br />

due o più esempi dello stesso fenomeno hanno almeno una circostanza in comune,<br />

quest'ultima è la causa o l'effetto del fenomeno. Per la collocazione di questo saggio<br />

(riedito a cura di R. Taylor, New York 1953) e in genere dell'atteggiamento di Mili<br />

nei confronti della <strong>religione</strong>, nel quadro dell'evoluzione della sua dottrina, vedi<br />

R. CARR, The religious thought of John Stuart Mili: a study in reluctant scepticism,<br />

«Journal of thè history of ideas », XXIII (1962), pp. 475-95. Nella Gran Bretagna<br />

dell'inizio dell'800, la prova dell'ordine viene difesa — su commissione — anche<br />

dagli autori dei trattati pubblicati grazie al fondo lasciato nel 1829 da Francis Henry

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