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Dialoghi sulla religione naturale - Studi umanistici Unimi - Università ...

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" UIALOGUES " E TESI WEBER-TAWNEY 219<br />

stizione volgare; e il suo allievo Panfiìo, nell'introduzione, aveva già<br />

definito la dottrina dell'esistenza di Dio come « thè firmest support<br />

of society » (p. 158).<br />

Filone accetta e rilancia il discorso <strong>sulla</strong> società. Egli esclude as­<br />

solutamente che dalla « superstizione volgare » possa venire altro che<br />

disordine sociale. Le epoche in cui v'è minore superstizione sono anche<br />

quelle in cui v'è non solo maggiore felicità, ma anche maggiore prospe­<br />

rità. Perciò la « <strong>religione</strong> di Demea » è identificata non solo con il pes­<br />

simismo, con lo scetticismo, con l'infelicità, con la « misery », ma an­<br />

che con la « poverty » vera e propria.<br />

Cleante però tiene a sottolineare che un conto è la « vera religio­<br />

ne », che dovrebbe migliorare i costumi degli uomini, e un conto è la<br />

<strong>religione</strong> com'è praticata. Egli parla del dover essere, rifiuta la pratica<br />

della <strong>religione</strong> e nello stesso tempo sostiene che la « vera <strong>religione</strong> » è<br />

quella che ha effetti pratici positivi. Dice cioè che la <strong>religione</strong> è buona<br />

in quanto migliora i costumi, ma che i costumi di chi pratica la reli­<br />

gione non sono buoni. La <strong>religione</strong> di Cleante rischia di non esistere,<br />

o di esistere per gli uomini dagli interessi « cognitivi », ma paradossal­<br />

mente per fini pratici.<br />

Nota Filone che gli ecclesiastici, nei loro sermoni, si scagliano<br />

contro l'irreligiosità del popolo e contro il suo attaccamento alle « cose<br />

presenti », che essi descrivono, giustamente, come la principale molla<br />

della vita sociale. L'attaccamento alle cose presenti, spiega Filone, è<br />

un'inclinazione <strong>naturale</strong>, come lo è quella che possiamo sintetizzare nel<br />

termine « morality ». Entrambe sono inclinazioni naturali che agiscono<br />

continuamente e irresistibilmente nel comportamento dell'uomo. Non lo<br />

sono invece i « religious motives »; essi infatti operano a tratti, senza<br />

continuità 4 . Tant'è vero che le inclinazioni naturali, quando si trovano<br />

4 Le credenze religiose di cui nei Dialogues ci viene dato un quadro che sem­<br />

brerebbe tendere a quello della descrizione antropologica delle inclinazioni natu­<br />

rali, non sono da Hume considerate tali. La tesi è respinta esplicitamente, e a ra­<br />

gione, da R. H. HURLBUTT III, il quale sostiene che Hume « regards religion as a<br />

procluct of human nature at certain stages and under certain conditions » (Newton<br />

and thè design argumenl. cit., p. 182). Nella Naturai history of religion possiamo<br />

infatti leggere: « we may observe, that, notwithstanding thè dogmatical, imperious<br />

style of ali superstition, thè conviction of thè religionists, in ali ages, is more af-<br />

fected than real, and scarcely ever approaches, in any degree, to that solid belief<br />

and persuasion, which governs us in thè common affairs of life » (Hume on reli­<br />

gion, cit., pp. 78-9). Ancor più esplicito il discorso <strong>sulla</strong> differenza fra « naturai<br />

inclination » e sentimento religioso nella parte XII dei Dialogues (p. 273).<br />

Il problema si sposta ovviamente a ciò che Hume definisce come « naturai

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