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Dialoghi sulla religione naturale - Studi umanistici Unimi - Università ...

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I CALVINISTI POST-HUMIANI 267<br />

cui natura Brown tuttavia non indagò a fondo, costituirebbe la condi­<br />

zione preliminare per l'osservazione, conseguita sempre a posteriori e<br />

mai dedotta, della connessione causale fra due determinati fenomeni.<br />

Hume, secondo Brown, sarebbe andato comunque vicino a sostenere<br />

la posizione giusta e cioè l'universalità e Pirresistibilità della credenza,<br />

anche se con motivazioni sbagliate, perché la faceva poggiare sull'abitu­<br />

dine psicologica e non sull'intuizione. Brown sosteneva perciò che la<br />

distanza fra Reid e Hume non era incolmabile: una simile affermazione,<br />

che contiene una certa verità, ci dimostra comunque come fosse di fatto<br />

breve la distanza fra Reid e l'eclettico Brown, anche se quest'ultimo<br />

rifiutò di riconoscergli qualsiasi debito 7 .<br />

La difesa di Leslie compiuta da Brown e la sua soluzione al pro^<br />

blema della fondazione della <strong>religione</strong> <strong>naturale</strong> discendevano dalla sua<br />

dottrina della causa. Egli non volle difendere Leslie ricorrendo, come<br />

in quella stessa occasione fece Dugald Stewart, alla distinzione reidiana<br />

fra cause naturali, terreno dello scienziato, e cause efficienti, terreno<br />

del teologo, e sostenendo che il negare il carattere assoluto delle prime<br />

non significava negare quello delle seconde. Egli rifiutò questa distin­<br />

zione, ciò che rappresentava un'anticipazione della posizione assunta<br />

dall'ortodossia positivista, ma a proposito della prova dell'ordine finì<br />

per fondare, e il bisticcio non è solo nostro, su basi a priori un'argo­<br />

mentazione a posteriori, sostenendo che<br />

7 Su Th. Brown e sui rapporti tra la sua filosofia e quella di Reid e di Hume,<br />

cfr. J. McCosH, The Scottish philosophy..., cit., pp. 320-21; S. A. GRAVE, The<br />

Scottish philosophy of common sense, Oxford I960. pp. 12-3; e F. COPLESTON, A<br />

history of philosophy, Garden City (New York) 1964, V, part II (Berkeley to<br />

Hume), pp. 185-93. Sulle critiche di Brown alla dottrina della causa di Hume, cfr.<br />

B. E. ROLLIN, Thomas Brown's criticism of Hume on causation, « Archiv tur<br />

Geschichte der Philosophie », LI (1969), pp. 85-103. Quanto alle possibili conver­<br />

genze fra Brown e Kant, è da dire che Brown conobbe l'opera di Kant, ma la sua<br />

formazione intellettuale gli impedì di mostrare interesse per una dottrina che,<br />

come quella espressa da Kant a proposito della causa, aveva una sia pur vaga<br />

analogia con la sua; cfr. J. McCosn, op. cit., pp. 319-20. Tra Brown e Reid v'è<br />

un'affinità profonda soprattutto nella tendenza che entrambi hanno da una parte a<br />

fondare aprioristicamente e intuizionisticamente la categoria della relazione causale<br />

e dall'altra ad avere una visione che potremmo chiamare positivistica della scienza.<br />

Brown fu definito da J. S. MILL come lo scienziato che « among thè direct succes-<br />

sors of Hume » « has best stateci and defended [prima di Comte] Comte's funda-<br />

mental doctrine » e che aveva sostenuto una filosofia « entirely Positivist » (Auguste<br />

Comte and positivism, Ann Arbor 1965, p. 8). Per il positivismo di Reid e per<br />

l'impulso che egli diede alla scienza britannica in questa dirczione, vedi L. L. LAU-<br />

DAN, Thomas Reid and thè Newtonian turn..., cit.

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