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Bandite 2_8_2012:Layout 1 02/08/12 14.43 Pag<strong>in</strong>a 133<br />

fossero c<strong>in</strong>que. Rivedemmo penzolanti quei compagni mentre le SS ci<br />

scortavano allo scalo ferroviario per deportarci a Dachau.<br />

L’11 maggio furono prelevati e impiccati altri 11 detenuti:<br />

<strong>in</strong> una delle volte successive poteva essere prelevata<br />

anche Ond<strong>in</strong>a.<br />

Alla f<strong>in</strong>e di maggio ero nell’elenco di quelle che dovevano essere<br />

deportate. Non sembri strano se dico che ne fui contenta, ma durante<br />

la mia detenzione erano accaduti parecchi fatti preoccupanti: il peggiore<br />

era stato il prelievo di alcune detenute e la loro impiccagione per<br />

rappresaglia <strong>in</strong> via Ghega. Anche l’<strong>in</strong>terprete mi sussurrò che lì stavano<br />

accadendo “brutte cose” e che era meglio così per me. Della famigerata<br />

Risiera ancora non si sapeva quasi niente, si diceva solo che<br />

era un centro di raccolta per la deportazione soprattutto di ebrei. Ma<br />

qualcuno sapeva già qualcosa, l’<strong>in</strong>terprete ad esempio: “Vada via<br />

contenta”, mi disse, “qui stanno accadendo davvero cose molto brutte”<br />

poi aggiunse: “meglio via, lontano di qui che <strong>in</strong> Risiera”. Il 31<br />

maggio [1944], all’alba partimmo dalla stazione di Trieste, non dal<br />

solito b<strong>in</strong>ario (la gente non doveva vedere queste cose!) ma sul b<strong>in</strong>ario<br />

dei silos da dove partivano i treni merci. Difatti, da quel momento<br />

tali eravamo considerati: stavano partendo circa duecento pezzi e pezzi<br />

ci calcolarono da quel momento, ma noi non lo sapevamo ancora,<br />

per cui credemmo di partire <strong>in</strong> 200 persone di cui 40 donne.<br />

Il Lager<br />

Si partì dunque il 31 maggio all’alba nei vagoni bestiame. Il convoglio<br />

era scortato da carab<strong>in</strong>ieri e da tedeschi. Il comandante doveva<br />

aver ancora qualche parvenza di umanità, perché alla prima fermata<br />

oltre conf<strong>in</strong>e ci permise di tenere i vagoni con le porte <strong>in</strong> fessura;<br />

almeno si respirava un po’. Talvolta si arrivava pers<strong>in</strong>o a scambiare<br />

qualche parola con gli uom<strong>in</strong>i (se la fermata era di notte, cosicché<br />

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