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Bandite 2_8_2012:Layout 1 02/08/12 14.43 Pag<strong>in</strong>a 134<br />

BANDITE!<br />

nessuno ci avrebbe visto e messo nei guai gli scortatori). In una stazione<br />

(credo Monaco) i vagoni con gli uom<strong>in</strong>i vennero staccati (e<br />

<strong>in</strong>viati a Dachau) e noi proseguimmo alla volta di Auschwitz. Al qu<strong>in</strong>to<br />

giorno di viaggio, vennero a chiudere i vagoni e a sigillarli: si stava<br />

arrivando nella zona dei lager, controllata dalle SS. Se durante il<br />

viaggio eravamo state abbastanza allegre (specie noi più giovani) e<br />

chiacchierone, <strong>in</strong> quel momento diventammo serie e com<strong>in</strong>ciammo a<br />

parlarci sottovoce: davanti a noi avevamo <strong>in</strong>travisto una desolata<br />

pianura sotto un cielo piatto, appestata da un odore che noi attribuimmo<br />

alla bruciatura di immondizie (!). Mentre il convoglio avanzava<br />

lentamente, com<strong>in</strong>ciammo a vedere i primi lager, arrampicandoci<br />

f<strong>in</strong>o agli alti f<strong>in</strong>estr<strong>in</strong>i del vagone. Durante il viaggio avevamo<br />

<strong>in</strong>travisto prigionieri al lavoro sulle ferrovie ed erano vestiti con la<br />

tipica “zebra” e vedendo nel campo vestiti variop<strong>in</strong>ti, pensammo che<br />

ci avrebbero lasciati i nostri. Per giunta (era domenica pomeriggio)<br />

sentimmo un’orchestr<strong>in</strong>a che suonava e la cosa ci rallegrò alquanto:<br />

“Ragazze, si potrà anche ballare”. Il nostro ottimismo crollò ben presto.<br />

Appena arrivate alla stazione ci fecero scendere ed <strong>in</strong> un primo<br />

tempo ci dissero di lasciare tutto nei vagoni, poi − visto che non eravamo<br />

ebree − ci permisero di riprenderci la nostra roba. Sapemmo<br />

successivamente che l’avrebbero catalogata e riposta, mentre per gli<br />

ebrei veniva subito requisito tutto. Poco prima era arrivato un treno<br />

di ebrei ungheresi e sulla panch<strong>in</strong>a erano rimasti gli ultimi: i vecchi<br />

e i non autosufficienti. C’era lì un camion e questi venivano presi per<br />

le braccia e per le gambe e gettati sul camion tra grida di dolore e<br />

orribili tonfi. Quello che ci raggelò fu il vedere che questo tremendo<br />

compito era affidato a dei prigionieri. Ci <strong>in</strong>quadrarono <strong>in</strong> fila per c<strong>in</strong>que<br />

ed io mi sentivo un po’ strana: avevo la sensazione che non ero<br />

io quella cui stavano accadendo quelle cose, mi pareva di viverle dall’esterno.<br />

È una cosa difficile da comprendere e spiegare. Ci misero<br />

<strong>in</strong> fila per c<strong>in</strong>que e ci condussero attraverso un <strong>in</strong>tricato dedalo di<br />

strad<strong>in</strong>e. Ai lati c’erano montagnole di stampelle, di occhiali, di gio-<br />

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