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La Spada che canta

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vuoi, tranne <strong>che</strong> per lavorare e per far razza. È dannatamente troppo<br />

piccolo. Eppure è perfetto. Ed è perfettamente inutile, an<strong>che</strong>, a meno<br />

<strong>che</strong> tu non conosca una bambina di dieci anni <strong>che</strong> gli si adatti<br />

perfettamente.» Tirò su col naso e io sentii l'imbarazzo crescere<br />

dentro di me. Sapevo cosa stava per dire e mi sentivo piccolo e<br />

meschino mentre proseguiva.<br />

«Adesso la situazione è questa, mi è stato dato un lavoro da fare<br />

e mi è stato detto di essere implacabile. Non c'è spazio in<br />

quest'operazione per passeggeri in sovrappiù. Se un cavallo non<br />

può lavorare e non può far razza devo liberarmene, mi segui?<br />

Questo significa ucciderlo.» Si raschiò la gola e sputò.<br />

«Non mi piace uccidere i cavalli. Della gente non mi importa, di<br />

solito, ma i cavalli sono importanti. <strong>La</strong> maggior parte di loro vale<br />

più della maggior parte della gente. E in particolare sono contrario a<br />

uccidere i bei cavalli. Quel cavallino non era mio, ma la piccola<br />

Gazza si era innamorata di lui. Come potevo ucciderlo? Così ho dato<br />

la mia giumenta in cambio del piccolo e adesso è mio e nessuno mi<br />

può dire cosa devo farne, e io lo regalo alla piccola Gazza.»<br />

Fu il mio turno di schiarirmi la voce. Mi sentivo stupido e<br />

maldestro. «Perdonami, Vittore» dissi. «Ti ho mal giudicato. Avrei<br />

dovuto immaginare.»<br />

Lui rise. «In <strong>che</strong> modo? Tu non mi conosci affatto, mastro Varro.<br />

Al tuo posto avrei pensato la stessa cosa. Solo non volevo <strong>che</strong> tu<br />

mettessi sottosopra la piccola Gazza.»<br />

«<strong>La</strong> piccola Gazza.» Assaporai quel nome, era perfetto, come il<br />

cavallino, perfettamente adatto alla mia amata figlia, da dove viene<br />

quel nome?»<br />

«Non da me. Così la chiamano i suoi amici, non lo sapevi? È…»<br />

«Perfetto.»<br />

Ridemmo entrambi. «Senti,» gli dissi allora, «lascia almeno <strong>che</strong><br />

ti rimborsi per la tua giumenta. Non è giusto <strong>che</strong> tu debba perdere il

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