La Spada che canta

esto del viaggio, e sperare che sarei sopravvissuto.
Due notti dopo, mentre eravamo accampati, un altro dei nostri
uomini, per puro caso al posto giusto al momento giusto, era stato in
grado di bloccare un attentato alla mia vita. Mentre era fuori
servizio si era trovato a passare davanti alla tenda nella quale venivo
tenuto, appena in tempo per vedere una figura mascherata infilarsi
furtiva attraverso l'apertura della tenda. Era entrato a controllare e
aveva scoperto l'intruso nell'atto di soffocarmi. Dopo una breve lotta
l'intruso era riuscito a fuggire. Il soldato che avrebbe dovuto essere
di guardia non c'era e non l'avevano più trovato; il mattino
successivo, un'accurata ricerca in tutta la zona non aveva rivelato
sue tracce, così avevano concluso che il mio assassino mancato era
lui.
Tutti sapevano chi l'aveva istigato, ma non c'erano indizi a
sostegno di quel sospetto, né una prova.
Da quel momento in poi, erano stati gli uomini di Caio
Britannico a farmi la guardia. Caio aveva detto ai suoi uomini che
doveva sembrare a tutti e in ogni momento che mi odiassero con
una tale violenza che solo la lealtà verso Caio impediva loro di
ammazzarmi.
Ero sopravvissuto alla febbre e alla congestione polmonare e mi
avevano portato in quella prigione, dove da due settimane ormai
lottavo contro la malattia. Caio era disperato all'idea che morissi e
aveva distaccato i suoi uomini in modo che almeno uno di loro fosse
sempre di servizio, di guardia, anche se il pericolo da parte di
Seneca sembrava passato, ora che eravamo a Londinium ed ero
ufficialmente prigioniero dell'Impero.
Quando Dragone ebbe finito il suo racconto, vi fu qualche
istante di silenzio e sentii le palpebre chiudersi malgrado gli sforzi
che facevo per tenerle aperte. Mi disse di dormire, che sarebbe stato
ancora lì quando mi fossi svegliato, e mi addormentai.
Un po' di tempo dopo, non so quanto, mi svegliai sentendolo