La Spada che canta

potresti avere ragione. Ma sarebbe utilizzabile solo da un lato.»
«Cosa vuoi dire?» Aggrottò la fronte senza capirmi, poi intuì
quello che stavo dicendo e dalle sue parole mi resi conto che ero io
quello che aveva frainteso. «No, no. Niente affatto, Publio.
Dannazione, è fatta per essere usata da entrambe le parti! L'asta
corta dovrebbe permettere a un uomo di rotearla sopra la testa del
cavallo e colpire in entrambe le direzioni.»
«Credo che tu abbia scoperto qualcosa. È certo degna di essere
provata. Fammene una e la proveremo.»
«Fammene una e la proveremo! Per la croce di Cristo, amico!
Non è quello che sto facendo?»
Guardai la lunga asta di ferro che sporgeva dai carboni.
«Quando sarà pronta?»
«Se la pianti di interferire e di distrarmi sarà pronta in
mattinata.»
«Finita? Completa?»
«Finita, completa e affilata. Adesso, vorresti lasciarmi lavorare?»
Passai le due ore successive a gingillarmi, controllando gli
apprendisti e facendo l'inventario del materiale in produzione, dai
chiodi ai cerchi per le botti, andando a vedere ogni tanto come
andava, tormentandolo al punto che mi caccio letteralmente,
ridendo, dalla forgia.
Mi sentivo frivolo quel pomeriggio. Non ero dell'umore giusto
per fare qualcosa di utile e stavo pensando seriamente di provare a
portare a letto mia moglie per prima distrazione amorosa fuori
orario. Non mi sentivo così pieno di energia da anni, ma non era
destino che potessi godere di un interludio erotico, perché Vittore
già mi chiamava dalle stalle. Cominciò subito a mettermi al corrente
della necessità di ferrare tutti i cavalli più spesso e più regolarmente,
mentre io annuivo educatamente. Mi tappai le orecchie e lo lasciai
vaneggiare fino a quando si arrese e scomparve nel buio delle stalle,