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La Spada che canta

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poteva sottrarsi al servizio nelle legioni, nessun uomo né gruppo -<br />

non importa di quali mezzi o di quale rango - poteva mantenere una<br />

forza armata privata all'interno dei confini dell'Impero. Noi<br />

sapevamo tutto questo e non ne tenevamo conto, perché sapevamo<br />

an<strong>che</strong> <strong>che</strong> l'Impero stava morendo e sapevamo <strong>che</strong> non c'era un<br />

imperatore solo, ma tre e a volte quattro contemporaneamente. E<br />

soprattutto sapevamo <strong>che</strong> le nostre vite, la nostra stessa<br />

sopravvivenza come popolo dipendevano dai nostri preparativi per<br />

affrontare il caos imminente. Perciò lavoravamo per costruire la<br />

nostra fortezza e addestravamo e armavamo i nostri uomini.<br />

Fu la ricerca di ferro per nuove armi a portarci fuori dalla<br />

colonia allo scontro nel quale rimasi ferito.<br />

Finalmente aprii gli occhi in una casupola piccola e puzzolente e<br />

mi resi conto <strong>che</strong> già da un po' di tempo sentivo il canto di<br />

un'allodola, an<strong>che</strong> se non lo stavo ascoltando. Rimasi a giacere<br />

supino per la durata di qual<strong>che</strong> battito del cuore, con occhi velati e<br />

dolenti; mi doleva tutto il corpo, compresa la faccia. Alzai una mano<br />

a grattarmi il mento e svenni per il dolore.<br />

Rimasi incosciente solo per pochi attimi. L'uccello <strong>canta</strong>va<br />

ancora quando riaprii gli occhi, la stanza non era cambiata. Io ero<br />

ancora dolorante e il mio braccio era in fiamme. Dio, come faceva<br />

male!<br />

Cercai di ricordare cosa era successo in quel tetro giorno<br />

invernale.<br />

Camminavamo sotto la pioggia scrosciante da molto prima<br />

dell'alba. Aveva piovuto per tutta la notte e l'alba aveva impiegato<br />

molto tempo a trapassare il cielo grigio ardesia. Avevamo fatto<br />

colazione con carne secca, grano secco e piselli secchi, marciando,<br />

curvi e miserabili, sotto il diluvio sferzante.<br />

Io montavo il mio stallone grigio, Germanico, così chiamato dal

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