La Spada che canta

«Ho espresso un'opinione sui preti?»
«No,» sorrise, «ma la tua stima nei loro confronti è modesta.»
I nostri cavalli si erano fermati, e io sollecitai il mio per farlo
avanzare. «Pico,» dissi, «io non ho tempo per i preti. Non ne ho mai
avuto.» Il suo cavallo seguì automaticamente il mio e cavalcammo
ginocchio contro ginocchio. «Ne ho discusso spesso con Alarico e le
sue opinioni hanno influenzato i miei pensieri, anche se
probabilmente morirebbe di mortificazione se pensasse che
interpreto le sue parole in questo modo.» Sputai, perché avevo
improvvisamente la bocca amara.
«I preti sono uomini, Pico» dissi. «E gli uomini sono esseri
deboli, nonostante la loro magniloquenza. Fino dall'epoca di Cristo
gli uomini hanno preso i suoi insegnamenti e li hanno piegati a
modo loro. La Chiesa ha usurpato il potere di Dio. I suoi ufficiali -
perché cos'è un vescovo se non un ufficiale della Chiesa? - hanno
corrotto gli insegnamenti del mite Salvatore e li hanno usati per
procurarsi un potere terreno. Ogni volta che sento parlare un prete
che non sia Alarico, è un esaltato che parla solo di peccato e
dannazione. Non c'è gioia nei preti. E non c'è gioia nei loro
insegnamenti. Predicano sottomissione e penitenza, e ogni volta che
ne ascolto uno è sempre peggio. Non hai notato? Lo hai notato di
certo.»
Pico si limitò a stringersi nelle spalle, non volendo
interrompermi, e così continuai. «È diventato di moda tra gli
ecclesiastici denigrare apertamente le donne. Tutte le donne! Donne
come tua zia Luceia! Non è sempre stato così, Pico. Non quando ero
bambino. Forse era di moda a Roma, non so, ma non qui in
Britannia. E Alarico mi dice che peggiora ogni giorno. Hai mai
sentito parlare dei monaci?» Pico annuì, sempre taciturno, e io
continuai su quell'argomento. «Allora? Cosa hai sentito dire?»
Ma Pico non si lasciò provocare. Scosse la testa in segno di
diniego e mi chiese a sua volta: «Cosa ne pensi tu, zio?».