La Spada che canta

XVI.
Poco dopo uscivamo da Londinium; dopo appena cinque miglia
calpestavamo la terra battuta del campo marzio, fuori da un grande
accampamento equestre quale non avevo mai visto.
Un accampamento militare per truppe a cavallo! C'erano valli
ovunque, a migliaia! Mi guardai avidamente intorno, senza
nemmeno fare il gesto di smontare e, vedendo come ero
impressionato, Pico mi guidò attraverso le linee fino a un
voluminoso stendardo bianco e nero che indicava il suo alloggio,
una grande tenda spaziosa.
Indicai lo stendardo. «Questo è tuo, immagino.»
«Infatti. Che cosa ne pensi?»
Feci un grugnito. «Piuttosto grande, direi.»
«Cosa vorresti dire?» mi chiese ridendo. «Non ti piace?»
Cercai di tergiversare, per nascondere il mio disagio di fronte a
quella che mi sembrava un'inutile esagerazione.
«Beh, se me lo chiedi, mi sembra un'ostentazione.»
«Ovviamente. È di una evidente ostentazione. Questa è l'idea
che deve dare, zio. È abbastanza grande da essere identificato e visto
da molto lontano. Guarda la base.»
La base dell'asta finiva in un'ampia forcella imbottita, Pico
annuiva entusiasta. «Quella forcella si adatta al collo del cavallo, in
modo che peso non stanchi il vessillifero. Stilicone è per metà
vandalo. Questi nuovi stendardi sono una sua idea. Sono un
adattamento del tipo che usa la sua gente e anche i Goti e gli Unni.»
Qualcos'altro catturò il suo sguardo e mi fece cenno perché mi
girassi in quella direzione. «Guarda quello!»
"Quello" era un'esercitazione in formazione praticata da una