La Spada che canta

ende, non aveva riconosciuto il suo aggressore e l'aveva
strangolato prima che arrivassero gli aiuti.
Ovviamente non si trattava di omicidio premeditato, ma solo di
una stupida tragedia. La spada dell'aggressore era insanguinata
perché aveva trafitto Pico su un fianco, e quando le guardie erano
arrivate avevano trovato Pico, ancora avvolto nelle coperte, con le
mani strette in una presa mortale intorno alla gola dell'uomo. Era
impossibile che Pico avesse capito chi era il suo aggressore. La
camera era al buio e Pico non poteva comunque vedere per via delle
bende che gli avvolgevano la testa. C'era sotto un mistero destinato
a rimanere insoluto, almeno finché Pico stesso non fosse venuto a
spiegarcelo. Speravamo che sarebbe venuto presto, perché era
chiaro che la natura delle sue ferite era abbastanza grave da
impedirgli, almeno temporaneamente, di combattere.
Malgrado tutte le nostre speranze e le nostre preghiere, però,
Pico non era ancora tornato quando Enid partorì, alla quarta ora
della mattina del secondo giorno di gennaio, dando alla luce un
marmocchio sano, schiamazzante e con dei polmoni robusti come il
cuoio.
Solo tre sere prima Caio, Enid, Luceia e io eravamo seduti
intorno al fuoco e discutevamo le imminenti nascite dei nostri
nipotini. Non c'erano notizie di Veronica dal regno di Ullic, ma
niente nuove significava buone nuove.
«Come lo chiamerai se sarà un maschio?» chiese Caio a Enid.
Enid sorrise guardando il fuoco. «Pico e io ne abbiamo parlato.
Si chiamerà Pico Caio Britannico.»
«Un altro Caio Britannico? Perché?»
Si girò per squadrarlo da sotto in su, perché lui era seduto più in
alto di lei, appollaiato sul bracciolo del divano. «Perché? Per onorare
te, ovviamente. Ti dispiace? O ti sorprende?»
Caio sorrise e carezzò i suoi capelli raccolti. «No, mia cara,