La Spada che canta

«Certo che lo hanno sempre fatto, amico. Lo sappiamo tutti. Ma
non è mai successo prima a questo livello. Questo è un passo
enorme, non lo vedi?»
«No, Caio» dissi. «Non lo vedo. Di che "livello" stai parlando?»
«Del livello più alto.»
«E cosa c'è di così diverso in nome di Dio? Sono solo due giovani
che vengono fatti sposare dai loro genitori. Non c e nessuna
differenza rispetto a tutti gli altri giovani che hanno fatto la stessa
cosa, che hanno seguito un uguale percorso.»
«Publio Varro!» Scosse la testa con impazienza, con una ruga di
fastidio sulla fronte. «Ma non hai il senso dell'ordine delle cose? Non
c'è sangue celtico nella mia famiglia, che io sappia, e nemmeno nella
tua. Oppure sì?»
Scossi la testa, torcendo le labbra in una smorfia di indifferenza.
«No, anche se non ho mai avuto la curiosità di verificarlo.»
Mi attaccò proprio su quel punto. «Eccoti, allora. Siamo stati
allevati in Britannia, è vero, ma il nostro sangue è puro sangue
romano. Incontaminato sangue romano, Publio, sangue
repubblicano. Ed è motivo di grande orgoglio per il nostro amico
Ullic che il suo sangue non sia macchiato, direbbe lui, da impurità
romane. La sua è una razza regale, Varro. È un puro celta. La sua
gente regna su questa parte del mondo da secoli, da molto prima che
i Cesari arrivassero al potere. E tu non capisci che cosa significa?
Quando tua figlia sposerà il figlio di Ullic darà inizio a una
nuova stirpe, la stessa cosa che eccita Vittore nei suoi allevamenti
equini. E di allevamento stiamo parlando adesso, non perdiamo di
vista l'argomento. Stiamo parlando della creazione di una nuova
razza di uomini mescolando il puro sangue romano di Veronica e il
puro sangue celtico di Uric. Dimentica gli altri che ci sono stati
prima. Quello era un incrocio di razze. Era una creazione ibrida
dell'Impero, romanizzata, forse, ma non romana.»