La Spada che canta

Epilogo: estate, 402 d.C.
Ullic mi batté una mano sulla spalla, poi si alzò dalla seggiola e
uscì nel chiarore della calda giornata, lasciando il pesante elmo da
cerimonia sul bancone. Mi venne in mente di richiamarlo, ma pensai
che, pur essendo un elmo con un'aquila, non sarebbe volato via, e
Ullic avrebbe potuto tornare in seguito a riprenderselo. Sorrisi a
quel pensiero e allungai la mano a prendere il vasetto di olio per
lucidare, ma nel movimento le mie dita urtarono il bordo, e il
vasetto si capovolse versando il contenuto sul bancone. Lanciai
un'imprecazione e mi accinsi frettolosamente a spostare gli oggetti
minacciati dall'olio versato; quando la mia mano si chiuse sul rotolo
di pergamena rimasto lì per mesi sul bancone, una fitta di dolore mi
trapassò come una lancia al ricordo. Rimasi pietrificato per qualche
istante, stringendo la pergamena, poi mi sedetti lasciando che l'olio
versato andasse dove voleva. Srotolai la pergamena per la seconda
volta da quando l'avevo ricevuta.
«Padre, salve.
Ti sei rivelato profetico. Stilicone mi ha richiamato a Roma. Il re
barbaro Alarico - quanto diverso dal nostro caro amico! - e i suoi
Visigoti sono pronti per attaccare la madrepatria! Ho fatto in fretta i
miei preparativi, perché mi devo muovere con tutta la velocità
possibile. L'ordine di Stilicone è perentorio. "Vieni subito" mi dice.
"Porta i tuoi uomini e lasciati indietro tutto il resto." In questo caso
significa i cavalli, visto che non ho modo di portare per mare tutti i
miei animali con un così breve preavviso. L'incarico affidatoti da
Stilicone ti autorizza a prendere quello che non posso portare via
con me.
Ho inviato ordine ai depositi di Glevum, Durovernum e
Londinium di aspettare i tuoi uomini, che verranno a prendere i