La Spada che canta

moderatori permanenti, né li avrà questo Consilio.
Sospetto da diverse sedute ormai l'emergere tra noi di ambizioni
personali. Mi sono spesso accusato di essere cinico e sospettoso, ma
ora vedo che non era così. Il fallimento di stamattina ha le sue radici
esattamente nello spirito che ho temuto: l'ambizione, l'elitarismo!
Non lo si può lasciare crescere e progredire, perché se accade, questo
Consiglio e questa Colonia sono condannati.» Fece una nuova
pausa, e nessuno cercò di interromperlo.
«Abbiamo appena perso in guerra il nostro primo membro del
Consiglio. Abbiamo avuto il nostro primo martire. Vegezio Sulla ha
mantenuto con onore il suo posto tra di noi. Ora è morto e deve
essere sostituito. È tragico che sia la necessità a sostituire un simile
uomo, l'occasione della sua morte, a provocare una scena disgustosa
come quella a cui abbiamo appena assistito.» La sua voce si levò di
nuovo in un grido, che rimbombò nel silenzio della stanza.
«Come osa un qualunque uomo farsi avanti in simili
circostanze? Come può chiunque tra voi essere così meschino da
azzuffarsi per il posto dove dovrebbe sedere?
Che importanza ha se siete giovani o vecchi? Perché dovrebbe
importare se siete seduti in fondo all'assemblea o davanti? Si
vergogni chiunque lo pensa! C'è qualcuno tra voi che pensa di
acquistare importanza sedendosi più vicino a me? Bene, se è così
avrò cura di non sedere mai più in questo posto!
O c'è qualcuno tra voi che pensa di non venire ascoltato se la sua
voce viene dal fondo? Pensieri di questo genere mettono in
discussione l'onore di questo Consiglio! Sono indegni! In questa
assemblea tutte le voci sono uguali e ogni uomo tra noi ha il diritto
di parlare e di votare! Questa è una camera di Consiglio!» La sua
voce ricadde di nuovo quasi a un sussurro. «E non, come ho già
detto, la piazza del mercato.»
Tacque, ricordando sempre la necessità di concedere abbastanza
tempo perché le sue parole facessero presa nella mente dei suoi