La Spada che canta

Caio alzò la voce e drizzò le spalle, e quando parlò la sua voce
era tornata al tono normale, ma caratterizzato da una cadenza
oratoria.
«Quando fondammo questa Colonia, la dedicammo alla causa
della sopravvivenza nell'eventualità di Armageddon, e la
dedicammo alla conservazione di tutto quello che in origine fu
grande a Roma.
Quando formammo questo Consiglio, per il governo della
Colonia, parlammo con orgoglio di risolvere i nostri problemi
nobilmente, in sessioni regolamentate dedicate al bene comune,
come facevano i nostri antenati repubblicani nel Senato. Questo
Consiglio è il nostro Senato!» Si fermò di nuovo, per permettere al suo
commento di penetrare nella mente degli ascoltatori, e di nuovo il
suo sguardo percorse l'assemblea, senza dimenticare un solo
membro.
«Questo Consiglio è il nostro Senato. Questa è la verità, ma non
è mai stata dichiarata prima, perché suona troppo grandiosa e
intimidatoria, e sa di affettazione e di immeritati e indebiti poteri.»
Si guardò intorno nuovamente, avvolgendo tutti nel suo
sguardo, senza interrompere il ritmo del discorso. «Però è la verità.»
L'auditorio era affascinato.
«Voi uomini siete i senatori della Colonia. Non abbiamo usato
questo termine, come tale, fino a questo momento e fino a questa
incresciosa circostanza, ma questo è quello che siete, ed è un
momento perfetto per sottolinearlo e inciderlo nella vostra mente e
nella vostra anima... Voi siete i senatori di questa Colonia.»
Trasse un profondo, fremente respiro.
«Qui, in questa camera di Consiglio, ogni uomo è uguale.
Ognuno ha una parte da svolgere. Ognuno ha il suo valore, che è
personale e non è mai utilizzato meglio di quando è dedicato a
risolvere i problemi comuni. Nessuna voce dovrebbe essere più