La Spada che canta

flettendo e aprendo le dita per avvolgerle strettamente intorno
all'elsa.
«Sì, resterà compatto» continuò Equo. «È compatto.»
Pico si rimise allora a ispezionare la lama, stendendo la mano
sinistra e appoggiando l'estremità appuntita della spada sul palmo.
«Perché questa svasatura sopra la punta?» chiese poi. «Ha un
aspetto familiare, eppure so di non averla mai vista prima.»
«Sì, l'hai vista, Pico» gli dissi. «In Africa e in Asia Minore. La
gente del deserto usa lame di questo tipo, con una punta
leggermente svasata, per aggiungere impeto alla rotazione.»
«Sì, certamente! Ma questa è ancora diversa, la curva non è così
profonda.»
«No, e neppure così svasata, se è per questo. Ricorda, Pico, che i
nostri uomini sono a cavallo. Stiamo cercando di creare qualcosa che
possa penetrare come una lancia, ma anche tagliare come un'ascia,
un'arma che possa essere usata con successo senza dover essere
vibrata con troppa forza.»
Indicò la mia spada. «Quella è diversa? Perché?»
Mi strinsi nelle spalle. «Sono tutte diverse. Quella di Ullic ha la
lama molto più larga vicino alla punta. L'abbiamo già scartata
perché troppo pesante, troppo poco maneggevole. Provala.»
Pico scambiò la spada con Ullic e una sola rotazione gli bastò per
capire che avevo ragione.
«Sono d'accordo. Troppo pesante. Goffa. La prima è molto
superiore.»
«Sì e no. È migliore, ma è troppo leggera nella costruzione. In
combattimento si piegherebbe. È la più bella, quella che soddisfa di
più esteticamente, ma è la meno pratica di tutti i prototipi che
abbiamo provato.» Sollevai la spada che tenevo in mano. «Questa è
la vincitrice. Il meglio che abbiamo ottenuto finora.» La lanciai con