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Ticino21 - Eventi.Parcoticino.It - Parco del Ticino

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ARIA<br />

144<br />

(dati di gran lunga più elevati <strong>del</strong>la media europea) con punte di 1.843 e 2.033 ab/Km² rispettivamente in<br />

Provincia di Milano e Monza, senza contare il contributo dei numerosi poli industriali e <strong>del</strong>l’elevato tasso di<br />

mobilità interna con il prevalere <strong>del</strong>l’utilizzo <strong>del</strong>l’auto privata lungo le strade di accesso alle aree urbane.<br />

Gli indicatori<br />

Qualità <strong>del</strong>l’aria<br />

L’inquinamento atmosferico è dato da un miscuglio complesso e dinamico di molteplici sostanze e per<br />

misurarlo si ricorre ad indicatori che sono singole sostanze che fungono da rivelatori <strong>del</strong>lo stato <strong>del</strong>l’aria.<br />

Nei vari momenti storici, in relazione allo sviluppo tecnologico e sociale, la composizione <strong>del</strong>l’inquinamento<br />

atmosferico è mutata e con questo anche la scelta degli appropriati indicatori per la sua caratterizzazione.<br />

Negli anni ’70 erano considerati indicatori attendibili l’anidride solforosa (SO 2) e le polveri totali sospese (PTS)<br />

derivanti dal grande consumo di combustibili fossili come l’olio combustibile, il carbone, il petrolio, ecc. Negli<br />

anni più recenti, con l’intensificazione <strong>del</strong> traffico veicolare gli indicatori più adatti a descrivere l’inquinamento<br />

atmosferico sono divenuti il biossido di azoto (NO 2), il monossido di carbonio (CO), gli idrocarburi, tra cui<br />

il benzene, l’ozono (O 3), le sostanze acidificanti ed il particolato fine e ultrafine (PM10 e PM2,5). Si calcola<br />

che ad oggi il trasporto su strada, contribuisca per il 46% <strong>del</strong> totale <strong>del</strong>le emissioni di ossidi di azoto e di<br />

monossido di carbonio e per il 30% alle emissioni di PM10.<br />

Grazie al passaggio dall’olio combustibile al gasolio desolforato e, negli ultimi anni, al maggior impiego di<br />

gas naturale (metano), le concentrazioni di anidride solforosa si sono drasticamente ridotte. Per tutti gli anni<br />

ottanta <strong>del</strong> secolo scorso le polveri (PTS) sono invece rimaste costanti e, con l’aumento <strong>del</strong> numero di<br />

autovetture, è rapidamente aumentato il biossido di azoto (NO 2). L’introduzione <strong>del</strong>le benzine senza piombo<br />

ha poi accresciuto la presenza di composti aromatici tra cui il benzene. Nello stesso periodo, inoltre, ha<br />

cominciato a destare serie preoccupazioni l’aumento <strong>del</strong>la concentrazione <strong>del</strong>l’ozono nella troposfera. Questa<br />

molecola è estremamente reattiva, ma se in stratosfera interagisce con la luce solare, assorbe la radiazione<br />

UV-B ed UV-C e svolge una funzione fondamentale di schermo nei confronti <strong>del</strong>le radiazioni nocive per la<br />

pelle, nello strato più basso <strong>del</strong>l’atmosfera, la troposfera, una concentrazione eccessiva risulta tossica e irritante<br />

per molte piante e animali ed è in grado di danneggiare materiali plastici. L’ozono troposferico è di origine sia<br />

antropica che naturale ed è un inquinante cosiddetto secondario, cioè non viene emesso direttamente da<br />

una o più sorgenti, ma si produce per effetto <strong>del</strong>la radiazione solare in presenza di inquinanti primari quali gli<br />

ossidi d’azoto (NOX) e i composti organici volatili (VOC), prodotti in larga parte dai motori a combustione e<br />

dall’uso di solventi organici, al verificarsi di condizioni meteorologiche caratterizzate da intenso irraggiamento<br />

solare ed elevate temperature. Il complesso dei fenomeni che porta a elevate concentrazioni di ozono viene<br />

denominato smog fotochimico. Questo inquinante, diffuso anche nelle aree più remote dei paesi europei<br />

e presente in concentrazioni maggiori nelle zone rurali, ha iniziato ad essere studiato per i suoi effetti sugli<br />

organismi vegetali, ed in particolare quale agente coinvolto, insieme ad altri, nel determinare i danni di nuovo<br />

tipo alle foreste, più noti con il termine “moria <strong>del</strong> bosco”.

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