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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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migliore dei mondi possibili; e il pessimista, ahimè, anche lui) e periodicamente<br />

si impegna, soprattutto quando il gruppo dei protagonisti<br />

si trovi veramente nella merda, a dimostrare che meglio di così<br />

<strong>non</strong> poteva andare.<br />

In Don Chisciotte c’è un uomo che a forza di leggere romanzi cavallereschi<br />

s’è convinto che il mondo sia davvero tale e quale nei romanzi<br />

cavallereschi è descritto: perciò si procura un cavallo, uno<br />

scudiero, una lancia, un elmo, e se ne parte alla ricerca della bella<br />

Dulcinea del Toboso, combattendo contro giganti e maghi.<br />

Nella Signora Bovary c’è una povera donna che, insoddisfatta della<br />

vita in paese accanto al noiosissimo marito Charles, si rifugia<br />

nell’immaginario dei romanzi rosa: e quando trova un uomo che in<br />

quell’immaginario si muove a suo agio, se ne lascia manipolare.<br />

Questi tre libri raccontano dunque la stessa storia: la storia di chi<br />

sostituisce all’esperienza del mondo una immaginazione del mondo<br />

appresa dai libri. Che la fonte siano i saggi filosofici di Leibniz, i<br />

poemi cavallereschi o la letteratura rosa, la questione <strong>non</strong> cambia.<br />

Perché questi tre libri sono (per noi) interessanti? Perché noi consideriamo<br />

false le immaginazioni del mondo fornite da Leibniz, dalla<br />

letteratura cavalleresca e dalla letteratura rosa. Quindi troviamo<br />

drammatico il conflitto tra un personaggio portatore di un’idea di<br />

mondo falsa e il mondo (che noi riteniamo essere) vero.<br />

Ovviamente, se noi ritenessimo, d’accordo con Pangloss, che viviamo<br />

nel migliore dei mondi possibili; che la cavalleria è la vera sostanza<br />

del mondo; e che l’amore è quella cosa di cui parla nei romanzo<br />

rosa; <strong>non</strong> troveremmo per nulla interessanti questi tre libri.<br />

Anzi, ci darebbero <strong>non</strong> poco sui nervi.<br />

Bene.<br />

Ora, la domanda è: noi, in quale immaginazione del mondo viviamo?<br />

Se tra cent’anni un Voltaire, un Cervantes, un Flaubert volesse<br />

raccontare la nostra storia come storia di persone che vivevano<br />

dentro un’immaginazione falsa del mondo, quale sarebbe la fonte di<br />

questa immaginazione?<br />

106<br />

Di solito, quando nei miei laboratori di scrittura arrivo a fare<br />

questa domanda, la risposta è: «La televisione». In qualche caso<br />

la risposta è: «Il mercato».<br />

Facciamo conto che queste risposte siano giuste (<strong>non</strong> sono<br />

del tutto convinto che siano giuste; ma possono andare, almeno<br />

provvisoriamente). Allora dobbiamo immaginare che la televisione<br />

o il supermercato siano, per chi li frequenta patologicamente<br />

(sia chiaro: Pangloss, Chisciotte, Bovary, sono personaggi<br />

patologici), dei veri e propri sostituti del mondo.<br />

In questi giorni sto lavorando con una compagnia teatrale a<br />

un lavoro sui «miti nella contemporaneità» (ve ne parlerò nelle<br />

prossime settimane, perché è un lavoro molto istruttivo anche<br />

per me). Inevitabilmente sono saltati fuori la televisione e il supermercato.<br />

Nel mio lavoro di scrittura e nelle improvvisazioni<br />

degli attori si trovano battute di questo tipo:<br />

«Il supermercato è nella mia mente. La mia mente è il supermercato».<br />

«La mia televisione ha novecentonovantanove canali. La mia<br />

vita ha novecentonovantanove possibilità».<br />

Da cui risulta evidente che per i personaggi della pièce che<br />

stiamo costruendo (personaggi "smitizzati", alla ricerca di<br />

"nuovi miti") il supermercato o la televisione sono più o meno<br />

ciò che erano i libri di filosofia per Pangloss, i poemi cavallereschi<br />

per don Cisciotte, i romanzi rosa per la signora Bovary.<br />

L’importanza di libri come Candido, Don Chisciotte, La signora<br />

Bovary, sta proprio nell’averci restituito l’immaginario di un<br />

certo ceto sociale in una certa epoca e in un certo luogo. Sono<br />

libri realistici, addirittura iperrealistici, <strong>non</strong> perché ci descrivano<br />

accuratamente l’Europa dei tempi di Voltaire, la Spagna dei<br />

tempi di Cervantes, la provincia Francese dei tempi di Flaubert;<br />

tutt’altro; la vera Europa, la vera Spagna, la vera provincia Francese<br />

appaiono, in questi libri, solo come delle ombre o delle larve,<br />

destinate a soccombere difronte alla potenza dell’immaginario.

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