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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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zò, lo percepii in maniera del tutto diversa da quella di tutti gli altri.<br />

Pensateci un attimo: la scena della porta che prima, per quanto tirata<br />

e spinta, <strong>non</strong> si apre, e poi si spalanca da sola colpendo in faccia il<br />

protagonista, <strong>non</strong> è forse una scena classica da film di Fantozzi? Sì:<br />

in ogni film di Fantozzi ci sono due o tre scene fatte esattamente in<br />

questo modo. Ma il regista di The others poteva tranquillamente far<br />

conto che, essendo The others un film molto diverso dai film di Fantozzi<br />

(o di Buster Keaton), gli spettatori <strong>non</strong> si sarebbero aspettati<br />

una “mossa” di quel tipo. Quanto a me, sono l’eccezione che conferma<br />

la regola.<br />

In sostanza: ogni volta che fate un passo avanti nella narrazione,<br />

immaginate che cosa potrebbe avvenire nella testa di un lettore. È<br />

davvero molto semplice, ed è tutto qui. Arrivederci.<br />

Chiacchierata numero 38<br />

L’altro giorno stavo in una biblioteca, e facevo più o meno i discorsi<br />

sulle trame che ho fatti nelle ultime settimane qui in Stilos. A<br />

un certo punto una ragazza bionda e con le guance rosse ha alzata la<br />

mano e dice: «Ma insomma, in sostanza, come si fa a capire quando<br />

una trama è una buona trama?».<br />

«Non ne ho idea», dico io.<br />

L’aula si mette in agitazione.<br />

«Come sarebbe, che <strong>non</strong> ne ha idea?», dice un ragazzo con il maglione<br />

celeste. «Ci sta parlando da due ore e adesso ci viene a dire<br />

che <strong>non</strong> ha idea?».<br />

«Be’, sì», dico. «È così».<br />

E sto zitto. Perché io, quando voglio, sono una peste.<br />

Il confabulamento aumenta. Tutti parlottanoon tutti. C’è aria di<br />

confusione, ma un po’ anche di rivolta.<br />

«Senta», dice un ragazzo lungo lungo, alzandosi in piedi. «Ci ridarebbe<br />

indietro i soldi?».<br />

60<br />

Risate. Che tipo di risate? Risate cordiali, sdrammatizzanti? Risate<br />

ostili? Risate d’imbarazzo?<br />

«Posso rinunciare al compenso che la biblioteca mi ha promesso»,<br />

dico, «ma se volete i soldi indietro, dovete fare causa<br />

alla biblioteca. Io <strong>non</strong> so neanche quanto avete pagato».<br />

«Trenta euro», dice una signora sulla sessantina con i capelli<br />

biondi tinti.<br />

«Trenta euro per le quattro serate o trenta euro in tutto?»,<br />

domando.<br />

«Trenta euro in tutto», dice la signora.<br />

«E allora», dico allargando le braccia, «che cosa pretendete per<br />

trenta euro? Se volete sapere come si fa a capire quando una<br />

trama è una buona trama, dovete spenderne almeno trecento.<br />

Forse tremila».<br />

Non ride nessuno. Anzi, tutti ammutoliscono.<br />

«In che senso?», sbotta un tipo dall’aria incazzata (ma aveva<br />

l’aria incazzata anche la volta prima: deve avere quest’aria di<br />

suo).<br />

«Nel senso», dico, prendendo il tono di quello che smorza i<br />

conflitti, «che magari in teoria si possono formulare delle regole,<br />

dei criteri. Ma poi, in fondo, è sempre un fatto di esperienza<br />

e sensibilità».<br />

«Insomma, la solita storia», dice il ragazzo col maglione celeste.<br />

«Sta per dirci che dovremmo spendere trecento o tremila<br />

euro in libri, farci le ossa leggendo, e allora poi magari…», e fa<br />

un gesto in alto con la mano destra, come a dire: e poi magari<br />

chissà.<br />

«No», dico. «Non voglio dire questo. Voglio dire che davvero<br />

certe cose <strong>non</strong> si insegnano, o almeno <strong>non</strong> si insegnano in situazioni<br />

come queste. Però si imparano. Ma si imparano se c’è<br />

davvero un investimento personale. Ad esempio: a me il cinema<br />

piace. Però <strong>non</strong> ci vado mai. Non trovo mai il tempo. Stasera<br />

sono qui con voi, domani sera sarò a Vercelli per un incontro,

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