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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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che si possono apprendere con l’operosità e l’applicazione, anche se<br />

sopra a tutto vige una regola fondamentale, in grado di offrire la<br />

giusta opportunità a tutti: leggere».<br />

A questo punto sono terrorizzato. Scopro che «talento, stile e tecnica»<br />

sono «ingredienti», «discipline» e «caratteristiche». Il «talento» è<br />

una «caratteristica»? Mah. La «tecnica» è una «disciplina»? Ho<br />

l’impressione che ci sia piuttosto un’opposizione tra «tecnica» e «disciplina»;<br />

ma forse qui «disciplina» è nel senso di «materia», come si<br />

dice: «materia scolastica». E davvero «talento», «stile» e «tecnica»<br />

vanno «mescolati e utilizzati nelle giuste proporzioni»? E davvero<br />

l’«essenza» della pratica dello scrivere è nel produrre «un prodotto<br />

fruibile dal grande pubblico»? E davvero l’importante, per chi voglia<br />

dedicarsi alla pratica dello scrivere, è arrivare a «calcare il palcoscenico<br />

del successo»?<br />

E, domanda più importante di tutte: ma chi ha scritte queste cose,<br />

ha un’idea di che cosa sia la lingua italiana?<br />

Allora, adesso faccio la cosa che <strong>non</strong> sta tanto bene fare. Vi dico:<br />

se vi càpita di vedere in edicola il Writers Magazine Italia, evitate di<br />

comperarlo. Se vi càpita sottomano il Prontuario dello scrittore, <strong>non</strong><br />

compràtelo.<br />

Sono quasi dodici anni che conduco corsi e laboratori di scrittura e<br />

narrazione. Sono quasi dodici anni che litigo con chi mi dice: «Voi<br />

che fate queste cose siete tutti ciarlatani». Il problema è che i ciarlatani<br />

esistono davvero. Tuttavia <strong>non</strong> è difficile distinguere chi è ciarlatano<br />

da chi <strong>non</strong> è tale. Il ciarlatano vi promette la Luna. Il ciarlatano<br />

vi dice che è tutto facile. Il ciarlatano vi parla di «segreti» e «trucchi<br />

del mestiere». Il ciarlatano fa intendere, o dice addirittura apertamente,<br />

che tutti sono scrittori; e che se ciò che avete scritto <strong>non</strong> viene<br />

apprezzato dall’universo mondo, è perché il mondo è cattivo. Eccetera.<br />

Il <strong>non</strong> ciarlatano parla d’altro.<br />

Chiacchierata numero 97<br />

154<br />

Libri che insegnano a scrivere, 18. Di Annamaria Testa ho letti tre<br />

libri: La parola immaginata (Pratiche 1988), Farsi capire. Comunicare<br />

con efficacia e creatività nel lavoro e nella vita (Rizzoli 2000), e adesso<br />

questo Le vie del senso. Come dire cose opposte con le stesse parole (Carocci<br />

2004, con Paolo Rossetti, 104 pagine per 18 euro, illustrato).<br />

Prima di conoscere questi libri avevo letti diversi suoi<br />

articoli in una rivista bellissima, tutta dedicata alla pubblicità,<br />

che si chiamava Nuovo (nel primo numero, mi ricordo, c’era uno<br />

strepitoso servizio fotografico sui bagni delle agenzie di pubblicità;<br />

motivato dalla comune constatazione, che le idee migliori<br />

vengono sempre in bagno). Ma anche voi, ci scommetterei<br />

avete «letto» qualcosa di Annamaria Testa: pur senza averla mai<br />

sentita nominare.<br />

Vi ricordate la campagna pubblicitaria del Perlana, quella del<br />

«Passaparola»? E la campagna dell’acqua Ferrarelle, quella con<br />

le tre Gioconde? E la campagna della Golia, quella del «Ti sfrizzola<br />

il velopendulo»? Se ve le ricordate, e se le ricordate con un<br />

sorriso, allora siete già dei fan di Annamaria Testa: e <strong>non</strong> potrete<br />

fare a meno di leggere i suoi libri. (Se <strong>non</strong> le ricordate,<br />

probabilmente avete meno di vent’anni).<br />

La parola immaginata è, per quel che ne so, il più interessante libro<br />

italiano sulla pubblicità. Farsi capire è un ottimo libro sulla<br />

(attenti: <strong>non</strong> «un manuale di») comunicazione. Se vi interessano<br />

la pubblicità e la comunicazione, li consiglio di cuore; se <strong>non</strong> vi<br />

interessano (perché vi stanno a cuore soltanto la letteratura e la<br />

bellezza), ve li consiglio ugualmente.<br />

In questi libri troverete tutto fuorché il «comunichese» e il<br />

«pubblicitese» che si trovano in certi manuali tirati via (la maggioranza,<br />

temo) o che si sentono parlare in certi terribili (e<br />

molto alla moda, sì) corsi di comunicazione. No, Annamaria<br />

Testa è tutta un’altra cosa. E questo Le vie del senso ne è la prova.<br />

Immaginate una battuta di conversazione; una battuta qualsiasi,<br />

banale, di quelle che si dicono senza pensarci su. Tipo: «Bella

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