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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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Ecco: l’amore per il lettore (del quale ho parlato più volte, in queste<br />

pagine) consiste anche nel <strong>non</strong> chiedergli più di quanto chiederemmo<br />

a noi stessi. Se abbiamo composta una pagina in cinque<br />

giorni di duro lavoro, ricordiamogli che lui (come anche noi, quando<br />

siamo lettori) si aspetta di poterla leggere in un paio di minuti. Se<br />

abbiamo voglia di scrivere un romanzo con cinquecento personaggi,<br />

ricordiamoci che così come noi avremo il problema di ricordarceli<br />

tutti, lo stesso problema ce l’avrà anche il povero lettore. Perché, da<br />

questo punto di vista, come da altri, il narratore e il lettore, questo<br />

va detto, sono nella stessa barca. Arrivederci.<br />

Chiacchierata numero 26<br />

«Lei che è uno scrittore, che cosa farà durante le vacanze?». «Ma,<br />

<strong>non</strong> lo so, mi pare già una grazia che quest’anno vado in vacanza».<br />

«Scommetto che ne approfitterà per scrivere qualcosa di nuovo».<br />

«Non sono uno di quelli che riescono a scrivere come se fosse un<br />

lavoro». «Allora leggerà». «Se è per questo, leggo sempre». «Ma in<br />

vacanza che cosa preferisce: leggere o rileggere?». «Non vedo la differenza».<br />

«Non so, qualcosa come rileggere i classici, o i libri voluminosi<br />

che durante l’inverno <strong>non</strong> è riuscito a leggere, oppure un libro<br />

al quale è affezionato e che rilegge spesso». «Sinceramente: parto<br />

domani, ma <strong>non</strong> ho ancora pensato a che libri mettere in borsa. Ce<br />

n’è un paio che devo finire, e poi ne prenderò su qualcun altro. Un<br />

po’ a caso». «Ma per lei la vacanza è un momento d’ispirazione?».<br />

«Anche fare la coda in posta per pagare le bollette può essere un<br />

momento d’ispirazione». «Dunque lo scrittore <strong>non</strong> va mai veramente<br />

in vacanza». «Ma sì, vado in vacanza, vado a Pantelleria due<br />

settimane». «No, nel senso che la sua mente, le sue piccole cellule<br />

grigie, anche durante la vacanza, saranno sempre lì a lavorare, a elaborare<br />

storie…». «A dire il vero, mi piacerebbe proprio stare un po’<br />

senza far niente». «In fondo la vita dello scrittore è tutta una grande<br />

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vacanza, no?». «Come, scusi?». «Sempre lì, a leggere, scrivere,<br />

meditare, a conversare con altri scrittori, a confrontarvi ai convegni…».<br />

«Non so che dirle. Stamattina ero a Verona, 82 chilometri<br />

in treno da Padova, mia città, sveglia alle 5.45 del mattino,<br />

per quattro ore di lezione sul descrivere luoghi in un master<br />

per futuri “manager culturali”. L’altro ieri ero a Milano, 232<br />

chilometri, sveglia sempre alle 5,45, a lavorare in casa editrice,<br />

dove abbiamo discusso alcuni aspetti contrattuali d’un autore,<br />

progettato un convegno da farsi in primavera prossima, pianificata<br />

la campagna stampa per un libro che esce in settembre, inseguito<br />

un personaggio illustre dal quale vorremmo una prefazione.<br />

Il giorno prima ancora ero a Lignano, sulla costa friulana,<br />

<strong>non</strong> so i chilometri, sveglia alle 6 del mattino, per una lezione<br />

sul lavoro editoriale in uno stage di scrittura e narrazione…».<br />

«Insomma, <strong>non</strong> vorrà lamentarsi». «No. Infatti. Non mi lamento.<br />

Voglio solo far notare che ciò di cui vivo è un lavoro<br />

come un altro, una libera professione come un’altra. Come tanti<br />

devo alzarmi spesso, raggiungere il luogo di lavoro, fare quello<br />

che mi è stato chiesto di fare, possibilmente farlo bene, tornare<br />

a casa, e sperare che mi paghino. La mia esistenza <strong>non</strong> è una<br />

grande vacanza. È l’esistenza di un libro professionista come un<br />

altro». «Lei quindi si considera un professionista». «Sì, ma <strong>non</strong><br />

del raccontare. Mi considero un professionista dell’insegnare a<br />

scrivere e narrare, del descrivere luoghi, dello scegliere libri da<br />

pubblicare (apprendista professionista, in quest’ultimo caso)».<br />

«E allora, quand’è che lei crea?». «Quando càpita, se càpita. Non<br />

credo di avere creato tanto spesso». «Non faccia il falso modesto».<br />

«Non faccio il falso modesto. Di inventare davvero, forse<br />

mi è capitato due volte in vita». «E il resto è tutta professionalità?».<br />

«Il resto sono tentativi falliti, riusciti a metà, <strong>non</strong> riusciti<br />

per niente, <strong>non</strong> riusciti per un pelo, che quasi quasi ce la facevano,<br />

che ce l’avrebbero fatta se fossi stato capace di essere<br />

meno simile a me stesso…». «Lei <strong>non</strong> è simile a sé stesso?». «Io

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