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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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poi vado a Milano, poi vado a Reggio Emilia… Chi ce l’ha, mi dico,<br />

il tempo di andare al cinema? E così, di fatto, <strong>non</strong> investo seriamente<br />

nel cinema. Mi piacerebbe anche scrivere un romanzo. So di<br />

che cosa avrei bisogno, per provare seriamente a scrivere un romanzo:<br />

di tre mesi di isolamento. Mi servirebbero per cominciarlo, per<br />

farmi un’idea sulla quale potrei poi lavorare anche <strong>non</strong> in isolamento.<br />

E tre mesi di isolamento, potrei anche prendermeli. Me li posso<br />

permettere, <strong>non</strong>ostante il mutuo». (Ridono. Bene). «Però <strong>non</strong> me li<br />

prendo, questi tre mesi di isolamento. Avrei anche la solidarietà di<br />

tutti: la mia compagna, le persone con cui lavoro, eccetera, se dicessi<br />

loro: guardate, mi servono tre mesi di isolamento per cominciare un romanzo,<br />

cercherebbero di agevolarmi. Ne sono sicuro. Però io <strong>non</strong> lo faccio.<br />

E così resto quello che sono: uno scrittore di racconti».<br />

Vedo che sono impressionati. Bene.<br />

«E perché ci fa questo discorso proprio a proposito delle trame?»,<br />

dice la signora sulla sessantina con i capelli biondi tinti.<br />

«Ma», dico, «potevo farlo anche a proposito d’altro. Me lo tenevo<br />

di scorta, per quando qualcuno mi avesse chiesto di formulare delle<br />

regole, dei criteri certi. È del tutto normale desiderare dei criteri certi»,<br />

dico rivolgendomi alla ragazza bionda e con le guance rosse (<strong>non</strong><br />

voglio metterla sotto accusa), «ma in certi casi bisogna adattarsi<br />

all’idea che <strong>non</strong> se ne possono avere. Che bisogna farne a meno.<br />

Che bisogna provare e riprovare, e vedere che cosa succede. I trecento<br />

o i tremila euro», e qui mi volto verso il ragazzo col maglione<br />

celeste, «potranno anche servirvi per comprare libri, oppure per andare<br />

al cinema, o per visitare mostre e musei - che sono tutte cose<br />

altrettanto utili e istruttive - ma intendevo dire, prima, soprattutto,<br />

visto che si dice che il tempo è denaro, che vi occorre tempo. Dovete<br />

trovare il tempo di provare e riprovare. Di scrivere e di riscrivere. Di<br />

fare e di buttare via. Di costruire e poi guardare che cosa avete costruito.<br />

Lei», mi rivolgo al tipo incazzoso, «quanto tempo dedica,<br />

settimanalmente, a esercitarsi nella scrittura e nella narrazione?».<br />

«Non saprei», dice il tipo.<br />

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«Cinque ore?», incalzo, «Dieci ore».<br />

«No, no», dice il tipo. «Magari un paio d’ore la settimana. Una<br />

sera la settimana, ecco».<br />

Tutti capiscono che probabilmente il tempo è ancora di meno.<br />

«E lei?», dico al ragazzo lungo lungo.<br />

«Più o meno siamo lì», dice.<br />

«E lei», dico a una ragazza con i capelli nerissimi e gli occhiali<br />

tondi, «quant’era lunga, la cosa più lunga che ha scritta?».<br />

La ragazza esita, poi dice: «Quattro pagine».<br />

«E lei?», dico a un ragazzo con tre peli di barba, ma lunghissimi.<br />

«Eh», dice, con un enorme sospiro, «qualcosa di più… Anche<br />

quindici pagine… Tutte cose <strong>non</strong> finite, comunque».<br />

«Ecco», dico.<br />

Tutti tacciono. Tira un’aria da esame di coscienza collettivo.<br />

Per un istante mi attraversa il ricordo dei campi scuola<br />

dell’Azione Cattolica.<br />

«Io ho scritto trecento pagine», dice rompendo il silenzio un<br />

signore con i capelli bianchi e le rughe.<br />

«Quanto ci ha messo?», domando.<br />

«Eh, forse cinque anni. È la storia di tutta la mia vita».<br />

«E ha una buona trama?», insisto.<br />

Il signore ride. «No. Ma chi se ne importa. La leggeranno i<br />

miei nipoti. L’ho scritta per loro. Non è una vita avventurosa, è<br />

solo…», ha un’esitazione piccolissima, «è solo la mia vita, ecco.<br />

La vita del loro <strong>non</strong>no. Adesso mi saltano sulle ginocchia,<br />

quando saranno grandi e io <strong>non</strong> ci sarò, mi conosceranno. Mi<br />

pare una cosa bella».<br />

«Cinque minuti di pausa», dico.

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