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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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È imprudente dare per scontato che la nostra storia debba essere<br />

per forza un romanzo o un racconto. Molte storie si raccontano<br />

meglio con forme teatrali, o con lo stile e i modi della sceneggiatura<br />

cinematografica, o addirittura in versi. Nelo Risi (fratello di Dino, e<br />

regista anch’egli) pubblicò negli anni Settanta un libro di poesia intitolato:<br />

Di certe cose, che dette in versi suonano meglio che in prosa. Ecco:<br />

dovremmo sempre domandarci se la cosa che abbiamo in mente<br />

«suonerebbe meglio» in prosa o in verso, in romanzo o in racconto,<br />

in scena o al cinema.<br />

Ma, se decidiamo ad esempio che la misura giusta è quella del racconto,<br />

abbiamo ancora un sacco di possibilità tra le quali scegliere.<br />

Innanzitutto possiamo − e dobbiamo − scegliere il “genere” del nostro<br />

racconto: giallo, noir, fiaba, rosa, horror, novella, apologo, eccetera.<br />

Poi possiamo − e dobbiamo − scegliere se il nostro racconto avrà<br />

dialoghi o <strong>non</strong> ne avrà o sarà costituito interamente da dialoghi; se<br />

sarà lento o veloce o a ritmo variabile; se sarà dettagliato o sommario,<br />

realistico o evocativo, semplice o intricato (una storia intricata<br />

può essere raccontata con semplicità, una storia semplice può essere<br />

raccontata intricatamente), in prima seconda terza persona, e così<br />

via.<br />

E come se <strong>non</strong> bastasse, dobbiamo − possiamo − anche decidere<br />

proprio il tipo di testo. Un delitto, ad esempio, può essere raccontato<br />

con un normale racconto. Ma può essere raccontato anche con<br />

estratti dagli atti del processo, o con una confessione, o con la sentenza<br />

(una sentenza è anche una meticolosa ricostruzione di fatti), o<br />

attraverso gli articoli dei giornali… Un amore può essere raccontato<br />

con un normale racconto, ma anche con le lettere (o le email, o gli<br />

sms) che gli amanti si scambiano… Una follia può essere raccontata<br />

con un normale racconto, ma anche con una cartella clinica, o con<br />

testi scritti dal folle stesso… Si può dire addirittura che è una caratteristica<br />

propria del romanzo moderno, quella di essere costituito di<br />

materiali diversi provenienti da tutti i generi di scrittura possibili e<br />

praticabili: il romanzo imita il mondo anche nel senso che imita tutte<br />

11<br />

le scritture del mondo. Ma dell’imitazione, discorso importante<br />

e difficile, cominciamo a parlare la settimana prossima. A risentirci.<br />

Chiacchierata numero 7<br />

Buongiorno, buongiorno. La settimana scorsa dicevo: il romanzo<br />

imita il mondo anche nel senso che imita tutte le scritture<br />

del mondo. Nei Fratelli Karamazov di Dostoevskij troviamo,<br />

incastonati dentro il romanzo, addirittura tre interi libri: la vita<br />

del santo monaco Zosìma, scritta da Aleksèj Karamazov (un libretto<br />

edificante, un’agiografia); il racconto del poema La leggenda<br />

del Grande Inquisitore (<strong>non</strong> leggiamo il poema che Ivan ha<br />

scritto, ma ascoltiamo il racconto che Ivan ne fa a Dimitri); la<br />

requisitoria del pubblico ministero al processo che conclude il<br />

libro (un’ottantina di pagine, nella mia edizione). Quindi: scrittura<br />

agiografica, scrittura poetica o para-poetica, scrittura giuridica.<br />

Nel Moby-Dick di Melville troviamo infinite citazioni (vere,<br />

false) da testi che parlano di balene e capodogli; ma troviamo<br />

anche (occupa due capitoli) la predica d’un pastore sulla storia<br />

di Giona nel ventre della balena. Memoriale di Paolo Volponi è<br />

un romanzo che consiste tutto, appunto, di un “memoriale”<br />

scritto dal protagonista, un operaio molto nevrotico: vi parla<br />

dunque la lingua della nevrosi. Del romanzo Vogliamo tutto<br />

l’autore, Nanni Balestrini, <strong>non</strong> ha scritta una sola parola: racconta<br />

i moti di fabbrica dei primi anni Settanta incollando pezzi<br />

giornalistici, comunicati sindacali, volantini, interviste registrate<br />

a operai e dirigenti, documenti interni dell’azienda (la Fiat).<br />

Gadda, come noto, usava tutte le parole che gli capitavano a tiro.<br />

Pasolini faceva parlare i suoi «ragazzi di vita» in un italoromanesco<br />

insieme degradato e poetico; Marco Franzoso in<br />

Westwood dee-jay sembra ripetere l’operazione con l’italo-veneto

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