GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE
GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE
GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
appunto, attraverso la sua voce: le parole che usa, il modo in cui le<br />
mette insieme.<br />
L’espressione «i miei mali», così indeterminata e onnicomprensiva,<br />
è propria di chi combatte contro un nemico invisibile: un disperato,<br />
o un paranoico. La dichiarazione: «Io <strong>non</strong> curo la terra perché sono un<br />
operaio», con il suo carattere di decisione assurdamente radicale, di<br />
esagerata adesione al ruolo sociale di operaio, rafforza l’impressione.<br />
La frase: «Una fabbrica grande più della stessa città» ci fa capire che<br />
il personaggio vive la fabbrica come luogo mitico e magico. In soldoni:<br />
il suo senso di realtà fa acqua.<br />
Ancora. La terra materna ha «quasi rigettato» il nostro uomo. La<br />
madre è nata in «luoghi assai belli», e la casa e il luogo sono descritti<br />
con una lingua materiale e amorosa. Ma ci accorgiamo subito che,<br />
questa terra bella e amata, è proprio il nostro uomo, nella frase sulla<br />
fabbrica, a rigettarla violentemente.<br />
La lingua è apparentemente calma, con frasi ampie; <strong>non</strong> è una lingua<br />
parlata, ma una lingua volutamente alta e nobile nella sintassi,<br />
benché molto semplice nel lessico. Il nostro uomo sta scrivendo un<br />
Memoriale (questo il titolo del libro) rivolto ancora <strong>non</strong> sappiamo a<br />
chi (ma possiamo immaginare: a chi, secondo lui, ha il potere di liberarlo<br />
dai suoi «mali»). È un operaio, usa una lingua semplice, ma la<br />
rende forte proprio attraverso le ampie volute delle frasi.<br />
Quindi: qui abbiamo una immediata messa in scena della voce del<br />
personaggio, <strong>non</strong>ché del conflitto in atto. Che sarà, giustamente<br />
immaginiamo cominciando a leggere, un conflitto tra una visione<br />
paranoica della realtà, propria dell’operaio che scrive, e una visione<br />
“normale” della realtà, che sarà propria di tutti gli altri - e in particolare,<br />
possiamo supporre, di coloro ai quali egli si rivolge per essere<br />
liberato dai suoi «mali».<br />
E c’è anche un altro conflitto, sotterraneo. Perché il narratore, colui<br />
che sta dietro l’operaio che scrive e gli guida la penna, in realtà,<br />
così come anche noi faremo leggendo, sta dalla parte dell’operaio. La<br />
55<br />
sua visione paranoica, ci fa intendere, è quella giusta. La realtà è<br />
paranoica.<br />
Chiacchierata numero 35<br />
Parliamo dunque della trama, dell’intreccio, del plot. In un libro<br />
sulla sceneggiatura cinematografica che <strong>non</strong> possiedo più<br />
(l’ho prestato, come faccio sempre e <strong>non</strong> torna mai indietro)<br />
c’era scritto che tutte le trame esistenti potevano essere ridotte<br />
(anche questo <strong>non</strong> ce l’ho più per lo stesso motivo) c’era<br />
un’appendice con l’elenco di tutte le trame esistenti: ed erano,<br />
se <strong>non</strong> ricordo male, trentatré. Qualche mese fa, sul Corriere della<br />
sera, ho letto un articolo secondo il quale le trame esistenti sono<br />
in tutto tre. Non una di più. Sette, trentatré, tre. Non ha grande<br />
importanza il numero. Quello che mi incuriosisce è che comunque<br />
tutti e tre i testi sostengono che il numero delle trame<br />
esistenti (e quindi, si postula, possibili) sia finito ed anche abbastanza<br />
basso. La trama, sarebbe quindi, nelle narrazioni,<br />
l’elemento più ripetitivo e meno inventivo. Perfetto. Peccato<br />
però che sia proprio la trama, a quel che si dice in giro,<br />
l’elemento determinante di una narrazione, ciò che ti fa leggere<br />
tutto fino in fondo. Qualche giorno fa, mentre dicevo più o<br />
meno queste cose in un’aula caldissima un tipo con i baffi si è<br />
alzato in piedi e mi ha interrotto dicendo: «Dicono così, perché<br />
<strong>non</strong> vogliono svelare i loro segreti». Io ho detto: «Eh?». «Sì», ha<br />
insistito, la persona: «Quelli che sanno inventare le trame, poiché<br />
le trame hanno un elevato valore commerciale, <strong>non</strong> vogliono<br />
che si sappia in giro come si fa ad inventarle. Così fanno circolare<br />
la voce che inventare le trame <strong>non</strong> sia un problema, che<br />
basti sceglierne una da un catalogo di tre sette o trentatré. Invece<br />
loro, zitti zitti, ne inventano di sempre nuove. E se le fanno<br />
pagare bene».