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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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letteratura, scrivere per sé <strong>non</strong> è letteratura. Questo <strong>non</strong> significa<br />

che testi scritti per sé <strong>non</strong> possano essere assai belli; né significa che<br />

testi scritti per un altro siano necessariamente belli.<br />

Mi imbatto continuamente anche in persone che mi dicono: «Scrivo<br />

per esprimermi». Esprimersi significa, letteralmente, spremersi fuori,<br />

spremere qualcosa di sé fuori di sé. Ecco, io direi che scrivere per un altro<br />

è l’attività esattamente opposta: è andare verso l’altro. E confesso che<br />

(io sono, come chiunque, prima di tutto un lettore) a me, uno tutto<br />

intento a spremersi fuori di sé, m’interessa poco. M’interessa poco<br />

perché, alla fin fine, mi pare che a lui interessi poco di me. Invece,<br />

uno che viene verso di me, m’interessa: proprio perché viene verso<br />

di me.<br />

Nell’innamoramento ci sono, mi pare, entrambe le cose. C’è uno<br />

spremersi fuori di sé, e c’è un andare verso l’altro. Ma la prima cosa,<br />

è l’andare verso l’altro. Se io vado verso l’altra persona, l’altra persona<br />

può accettarmi. Quando l’altra persona mi avrà accettato, allora<br />

potrò - di tanto in tanto - spremermi fuori di me. Il mio andare verso<br />

l’altra persona avrà prodotta una disponibilità dell’altra persona<br />

verso di me; e dentro questa disponibilità (aggiungo: nei limiti di<br />

questa disponibilità) io potrò spremermi fuori di me. Altrettanto accade<br />

all’altra persona: il suo accettarmi <strong>non</strong> è altro che un venire<br />

verso di me; io allora la accetterò; e dentro questa mia accettazione,<br />

questa mia disponibilità, l’altra persona potrà spremersi fuori di sé.<br />

Quando comincio a raccontare, è necessario che io vada verso il<br />

lettore. Devo innanzitutto desiderare che il lettore esista. Poi dovrò<br />

desiderare la sua persona: la presenza, la compagnia, l’attenzione, la<br />

continuità. Poi dovrò desiderare di essere accettato da lui. Poi, se mi<br />

avrà accettato, dovrò esplorare questa sua accettazione: misurare la<br />

sua disponibilità. A quel punto, conoscerò i limiti entro i quali potrò<br />

anche esprimermi, spremermi fuori di me. Se io mi piazzassi là, subito,<br />

davanti a lui, e - trac! - mi spremessi fuori da me, il lettore probabilmente<br />

mi rifiuterebbe. Non saprei dargli torto.<br />

29<br />

Le persone che, nei laboratori di scrittura, parlano della propria<br />

scrittura come di un’espressione, fanno spesso un paragone:<br />

tra la scrittura e il vomito. Quando questo succede, io dico:<br />

«Scusa, ma se queste pagine tu le hai “vomitate”, come dici, per<br />

quale ragione io dovrei mettermi a leggere il tuo vomito? Che<br />

persona pensi che io sia, se mi dai da leggere il tuo vomito?».<br />

***<br />

Certo: nell’innamoramento, la persona verso la quale andare è<br />

lì. Magari è inaccessibile, magari ci ha già scacciati una dozzina<br />

di volte dalla sua presenza, magari è morta, magari <strong>non</strong> si accorge<br />

di noi; tuttavia, è lì. Il lettore, invece, dov’è? Chi l’ha visto?<br />

Com’è fatto?<br />

Ma io conosco il lettore. Infatti, come ho detto, e come<br />

chiunque, io sono un lettore. So che cosa mi succede, mentre<br />

leggo. Nella lettura faccio uno sdoppiamento: leggo, e guardo<br />

che cosa mi succede mentre leggo. Spio le mie reazioni. Mi conosco.<br />

Mi imparo. «Ma a questo punto», dirà qualcuno, «il lettore<br />

sei sempre tu! Quindi hai poco da parlare di una scrittura che<br />

va verso l’altra persona!». E invece no. Che conoscenza posso avere,<br />

io, dell’altra persona, se <strong>non</strong> attraverso la conoscenza che ho<br />

di me? Gesù di Nazareth diceva, o si tramanda che abbia detto:<br />

«Ama il tuo prossimo come te stesso»; anche lui, quindi, che<br />

pure proponeva la dedizione all’altro come massima virtù,<br />

metteva al primo posto, come amore originario, in base al quale<br />

tutti gli altri amori si definiscono, l’amore verso di sé.<br />

«La prima volta che ho fatto all’amore», mi ha detto una volta<br />

un ragazzo, in un laboratorio di scrittura, «<strong>non</strong> avevo la minima<br />

idea di che cosa fossero il desiderio, il piacere, il bisogno della<br />

ragazza con cui ero. Ho capito poi, che solo attraverso il desiderio<br />

il piacere il bisogno miei potevo arrivare a un’intuizione».

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