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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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cielo e ha detto: “Aiuto!”. E poi ha aggiunto: “Ma se io comincio a<br />

pensare a questo, a pensare che tra me e ciò che scrivo c’è sempre<br />

un altro, c’è questo me stesso che fa per così dire da mediatore, e<br />

che per ogni testo che scrivo c’è un distinto me stesso che media,<br />

eccetera eccetera, sai che cosa succede?”.<br />

“Sì”, ho detto. “Che smetti di scrivere, e stop”.<br />

“Ecco, appunto”, ha detto il signore simpatico. “E allora?”.<br />

“E allora” ho detto, “tu pensi mentre guidi l’automobile?”.<br />

Il signore simpatico ha riso. “Sì, penso. Ed è per questo che vado<br />

sempre a sbattere di qua e di là”.<br />

“Ma pensi a guidare o pensi ad altro?”, ho detto.<br />

“Penso ad altro”, ha detto il signore simpatico, ridendo.<br />

“Ecco”, ho detto allora. “Tu guidi senza pensare a quello che fai<br />

mentre guidi. È questione di addestramento”.<br />

“Mah”, ha detto il signore simpatico.]<br />

Ma che cosa sono, questi altri me stesso? Sono dei complessi di<br />

modi stilistici, di parole, di punti di vista sul mondo, di forme narrative,<br />

di contenuti narrativi e di pensiero, eccetera eccetera.<br />

Quando dico queste cose, c’è sempre qualcuno che salta fuori a dire:<br />

“Vabbè, ci stai semplicemente dicendo che per ogni tipologia di<br />

testo che fai, installi nella tua mente una proiezione di te come<br />

scrittore dotata di specifiche caratteristiche stilistiche e narrative”.<br />

Magari è così. Magari questo è il modo più economico per dire la<br />

cosa. Ma <strong>non</strong> mi soddisfa. Perché questi altri me stesso, io <strong>non</strong> me li<br />

sento mica come delle funzioni del testo. Me li sento, piuttosto, come<br />

dei veri e propri mediatori, che mi consentono di fare cose che in loro<br />

assenza <strong>non</strong> saprei fare.<br />

E allora mi vien da dire che la primaria, e forse principale, attività<br />

del narratore, consiste nell’inventare e nel produrre intorno a sé un<br />

certo numero di altri se stessi, di mediatori in somma, ciascuno dei<br />

quali si rende disponibile nel momento in cui c’è bisogno di lui.<br />

Bene. In questo momento, dunque, sono invaso da questo genere<br />

di pensieri. Per questo ho deciso di parlarne oggi. Peraltro la cosa<br />

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c’entra con l’argomento promesso la settimana scorsa. Tra inventare<br />

altri se stessi, inventare altre persone, inventare mediatori,<br />

e inventare mondi, <strong>non</strong> è che ci sia poi tanta differenza. La<br />

prossima settimana, comunque, riprendiamo il filo.<br />

Chiacchierata numero 45<br />

Questa sera (ieri sera, per voi che leggete questo pezzo in Stilos)<br />

andrò a leggere un Racconto di Natale in una serata di Racconti<br />

di Natale. Mi hanno invitato dicendomi: «Può fare come<br />

vuole, può leggere un Racconto di Natale scritto da lei o scritto<br />

da altri, edito o inedito, come vuole. Basta che, quando ha deciso,<br />

ci avvisi: così evitiamo che due persone decidano di leggere<br />

lo stesso Racconto di Natale». Io ho risposto: «Poiché ne ho<br />

scritto uno, leggerò un Racconto di Natale scritto da me». Mi<br />

hanno detto: «Bene».<br />

Poi ho parlato un po’ della cosa con un amico che, a differenza<br />

di me, è un grande esperto di Racconti di Natale; e così ho<br />

scoperto che il mio racconto è sì un racconto di Natale, ma <strong>non</strong><br />

è un Racconto di Natale. Gli manca una maiuscola.<br />

«I Racconti di Natale Standard», mi ha spiegato l’amico, «sono<br />

racconti di redenzione. Sono racconti nei quali un evento improbabile,<br />

inatteso, addirittura casuale, produce nel cuore di un<br />

protagonista solitamente freddo, generalmente maldisposto,<br />

eventualmente anche cattivo, un certo riscaldamento. Ma il Perfetto<br />

Racconto di Natale è quello in cui un qualcuno che <strong>non</strong><br />

possiede nulla riesce a fare, disinteressatamente e quasi senza<br />

accorgersene, un dono-della-vita a un qualcuno che possiede<br />

tutto, o quasi tutto, o comunque desidera possedere tutto».<br />

«Che cosa intendi per dono-della-vita?», ho domandato<br />

all’amico.

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