GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE
GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE
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occupavamo di camionisti, gelatieri, parrucchieri, edili, dipintori,<br />
estetiste, falegnami, cose così».<br />
«E lei era nell’ufficio stampa?».<br />
«Ci facevo lavoro di segreteria. Mi hanno preso perché avevo un<br />
diploma di dattiloscrittura veloce, metodo Scheidegger. Rispondevo<br />
al telefono, dicevo attenda, prego, ora le passo il dottore, con l’Ibm a testina<br />
rotante copiavo in bella copia gli articoli e i comunicati stampa,<br />
spedivo i fax, leccavo i francobolli da appiccicare sulle buste».<br />
La tipa sembra delusa. Ne approfitto per pescare dal piatto centrale<br />
un’altra dose di baccalà mantecato. Danno sempre troppo poca<br />
polenta, penso. La tipa ha davanti un piatto di insalatina. Questi sono<br />
gli antipasti, poi si vedrà.<br />
«Sono stato lì sette anni», continuo, «e pian piano ho cominciato a<br />
scrivere anch’io, poi ho trovato chi mi ha insegnato, eccetera eccetera.<br />
Ho fatta un po’ di carriera interna, in somma».<br />
«Allora già scriveva!», dice la tipa, trionfante.<br />
«Come no?», dico. Faccio il tono di voce da cinegiornale. «Ieri pomeriggio<br />
alle 15 si è riunito, presso la sede della Federazione regionale<br />
dell’artigianato veneto, Frav/Confartigianato, il direttivo dell’Urvaat, l’Unione<br />
regionale veneta artigiani autotrasportatori. Il direttivo ha approvato<br />
all’unanimità un documento, illustrato dal presidente dell’Urvaat Tal Deitali,<br />
nel quale si avanzano alcune osservazioni critiche sul Progetto Regionale per lo<br />
sviluppo del Settore Secondario, in merito alla politica dei trasporti. Ci lascia<br />
sconcertati, ha dichiarato Tal Deitali…».<br />
«Ma è una cosa orribile!», quasi grida la tipa.<br />
«Ba’, in somma», dico, «è la prosa delle agenzie di stampa, degli articoli<br />
di cronaca».<br />
«Ma è tremenda!», insiste la tipa.<br />
«Ci ho campato per sette anni», dico secco. «E le assicuro che i nostri<br />
comunicati stampa erano i migliori della regione»<br />
«Cioè?».<br />
«Erano scritti bene. Facevamo il possibile per evitare il sindacalese.<br />
E ci riuscivamo anche abbastanza».<br />
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«Quindi», dice la tipa, «c’era già lo scrittore in lei…».<br />
«No, <strong>non</strong> c’entra. Era una questione di dignità. Volevamo<br />
scrivere ciò che dovevamo scrivere - e che riguardava sempre<br />
materie come contratti di lavoro, sicurezza nelle aziende, politiche<br />
regionali, legislazione, cose così - volevamo scrivere sempre<br />
dei testi che <strong>non</strong> ci disgustassero. Che si lasciassero leggere, che<br />
fossero comprensibili. Testi che noi, da lettori dei giornali,<br />
avremmo letto volentieri».<br />
«Ah», dice la tipa.<br />
C’è un momento di pausa. All’altro capo del tavolo stanno<br />
parlando male di Mario Luzi. Mi verso da bere e intanto penso<br />
che <strong>non</strong> ho mai sentito parlare bene di Mario Luzi. Dev’esserci<br />
una congiura.<br />
«E perché ha smesso di lavorare lì?».<br />
«Mi sono stufato. Lavoravo dodici ore al giorno, e per di più a<br />
Venezia: che è bella da vedere, ma lavorarci è un delirio. Poi<br />
succedevano strane cose, e io volevo cavarmi fuori».<br />
«Strane cose?».<br />
«Tangentopoli è arrivata dopo», dico, «ma se lì fosse arrivata<br />
quattro o cinque anni prima, trovava pane per i suoi denti».<br />
Mentre la dico, mi rendo conto che sto facendo una frase assurda.<br />
«E allora ha messo su una libreria», ripiglia la tipa.<br />
«Non ho messo su una libreria», preciso. «Sono andato a lavorare<br />
in una libreria, come fattorino».<br />
La tipa tenta di salvare il salvabile. «Be’, comunque era sempre<br />
in mezzo ai libri».<br />
«Come no? Era una libreria tecnico-scientifica e universitaria.<br />
Vendevamo i libri di testo agli studenti di chimica, fisica, farmacologia,<br />
ingegneria, biologia. E vendevamo libri scientifici e<br />
tecnici a docenti universitari e professionisti vari. Sa qual era il<br />
nostro best-seller, tolti i libri adottati?».<br />
«No», dice.