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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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naggi saltassero su di un letto dopo essersi conosciuti da appena<br />

un’ora. […] La tendenza al realismo trova spazio in questi libri, ma il<br />

loro centro di gravità resta sempre e comunque la fantasia, ove una<br />

storia d’amore perfetta ha il ruolo principale. […] Nessuno di noi<br />

deve scordarsi il motivo per cui questi libri godono di così vasta popolarità:<br />

[…] perché ci permettono un’evasione dal quotidiano. Benché<br />

essi siano parte integrante del mondo in cui si vive, e riflettano il<br />

mutato ruolo della donna e il cambiamento dei sogni delle donne<br />

stesse, <strong>non</strong> dovranno essere una riproduzione minuziosa di quel<br />

mondo, altrimenti cesseranno di avere la loro funzione nelle aspirazioni<br />

delle lettrici» (pp. 102-104).<br />

Avere una funzione nelle aspirazioni delle lettrici. Ecco qualcosa a cui<br />

l’aspirante narratore, di qualunque genere egli sia, pensa (secondo<br />

me) troppo poco spesso.<br />

Chiacchierata numero 87<br />

Libri che insegnano a scrivere, 8. La pianta del riso di Raffaele Palma<br />

(sottotitolo: Guida alla didattica dello humour) <strong>non</strong> è esattamente un libro<br />

che insegna a scrivere. (D’altra parte, la maggior parte dei libri<br />

che insegnano a scrivere sono, secondo me, libri che parlano di tutto<br />

fuorché di scrittura: ma di questo parleremo un’altra volta). Il libro<br />

mi è stato regalato da un’amica di Torino insieme a una scelta di<br />

prodotti gastronomici piemontesi: e forse c’entrerà, <strong>non</strong> saprei dire<br />

(si tratterebbe, in quel caso, di una freddura), il fatto che in Piemonte<br />

(nel Vercellese soprattutto) le risaie abbondano. Chissà.<br />

Non so esattamente chi sia Raffaele Palma. Nella quarta di copertina<br />

del libro, Maria Valabrega scrive: «A ridere, o almeno a sorridere,<br />

si impara. Da anni Raffaele Palma è impegnato in questa <strong>non</strong> facile<br />

battaglia. Ha cominciato ad esprimere le sue proteste con mascheroni<br />

satirici, con ingombranti e complesse sculture realizzate<br />

con i materiali più svariati, per passare poi alla satira disegnata.<br />

139<br />

Composizioni graffianti, un po’ ciniche, mai troppo cattive, per<br />

sottolineare le ingiustizie sociali, per riflettere con pochi tratti<br />

nervosi il velenoso mondo che ci circonda. Perché <strong>non</strong> insegnare<br />

agli altri l’arte liberatoria della satira? Così Palma ha fondato<br />

il C. A. U. S., Centro Arti Umoristiche e Satiriche. Di qui sono<br />

partire le iniziative: corsi per adulti, per ragazzi, mostre, studi<br />

con medici ed esperti per capire fino a che punto una buona risata<br />

sia anche una buona medicina». Il libro, in sostanza, raccoglie<br />

le sintesi di alcune relazioni tenute a un convegno intitolato<br />

«Sorriso e salute» (organizzato da Palma a Torino nel 1989),<br />

integrati da una serie di esercizi di scrittura, disegno e scrittura<br />

con disegno.<br />

Il tutto, va detto, è un po’ goliardico e confuso. Nella frenesia<br />

di far stare di tutto dentro il piccolo libro (139 pagine) Palma ha<br />

stipati i materiali all’inverosimile. Parecchi esercizi di scrittura<br />

sono spiegati così sbrigativamente che, anche a pensarci e ripensarci,<br />

<strong>non</strong> ci si capisce nulla. Alcuni capitoli pretendono di<br />

trattare tutte insieme delle forme di testo che a me sembrano<br />

molto differenti tra loro (vedi il capitolo dodici: «Slogans, massime,<br />

aforismi, proverbi, quiz, test». Altri capitoli hanno titoli<br />

che promettono molto e poi, alla prova della lettura, lasciano<br />

delusi e anche un po’ sbigottiti: vedi il diciassettesimo capitolo,<br />

«Didattica dell’umorismo nelle carceri minorili», dove dal titolo<br />

uno si aspetta la relazione accurata (e anche un po’ tecnica, perdiana!)<br />

di un’esperienza, e si trova invece un appuntino di una<br />

paginetta e mezza.<br />

Comunque, fatte al libretto tutte le pulci che vanno fatte, bisogna<br />

ammettere che è in fin dei conti un libretto interessante:<br />

e per più ragioni.<br />

La prima ragione è che, come altre pubblicazioni simili, La<br />

pianta del riso è un considerevole serbatoio di cose che si possono<br />

fare. Io l’ho ricevuto in dono un paio di settimane fa, e ho<br />

già cominciato ad adoperare in aula esercizi ed esercizietti che ci

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