GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE
GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE
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Chiacchierata numero 22<br />
Buongiorno. Un giorno sì e un giorno no c’è un lettore (quasi mai<br />
una lettrice: ne parliamo settimana prossima) che mi domanda: «Ma<br />
se io voglio mandare un dattiloscritto alle case editrici, come devo<br />
presentarlo?». La domanda sembra banale e <strong>non</strong> lo è. Io ricevo due<br />
o tre dattiloscritti al giorno (a casa mia; altrettanti ne arrivano in casa<br />
editrice) e naturalmente <strong>non</strong> mi è possibile leggerli tutti integralmente.<br />
Ho imparato con l’esperienza che alcune caratteristiche del<br />
dattiloscritto, anche caratteristiche fisiche, sono significative. Ogni<br />
tanto mi viene in mente che si potrebbe inventare una disciplina simile<br />
alla grafologia, ma per i dattiloscritti («dattilografologia»?).<br />
Quindi, in somma, qui cerco di dare alcuni consigli per la presentazione<br />
dei dattiloscritti alle case editrici. Cominciamo:<br />
1. Il dattiloscritto deve essere leggibile. Sembra un consiglio stupido<br />
per eccesso di ovvietà; ma <strong>non</strong> è così. Ricevo parecchi dattiloscritti<br />
quasi illeggibili. La leggibilità è assicurata da: corpo del carattere<br />
<strong>non</strong> troppo grande e <strong>non</strong> troppo piccolo (l’ideale è l’11 o il 12);<br />
carattere <strong>non</strong> troppo semplice e <strong>non</strong> troppo elaborato (Garamond e<br />
Times sono l’ideale; Arial, Helvetica e simili sono più faticosi da leggere;<br />
assolutamente da evitare i caratteri più complicati, in particolare<br />
quelli che imitano il corsivo); foglio con ampi margini (diciamo 4<br />
centimetri per parte); interlinea normale, <strong>non</strong> più stretto né più largo<br />
di quello che il vostro sistema di scrittura propone come standard;<br />
rientro a inizio paragrafo (di 0,25 centimetri, in linea di massima). In<br />
particolare, spesso ricevo dattiloscritti con margini minimi, tipo un<br />
centimetro e mezzo: la riga di testo risulta così lunga che la lettura è<br />
faticosissima. Immaginate: se questo foglio di giornale <strong>non</strong> fosse<br />
impaginato sei colonne, ma fosse tutto un colon<strong>non</strong>e unico, riuscireste<br />
a leggerlo?<br />
2. Sul dattiloscritto scrivete il vostro nome, cognome, indirizzo,<br />
numero di telefono, email, tutto quanto. Mi è successo di ricevere<br />
dattiloscritti senza i dati dell’autore.<br />
35<br />
3. Mandate il dattiloscritto intero. Non mandate due capitoli<br />
scrivendo: «Se vi sembrerà interessante, chiedetemi pure i successivi:<br />
sarò felice di mandarveli»). Non esiste. Non mandate<br />
una lettera con una “scheda” del vostro romanzo: mandate il<br />
romanzo.<br />
4. Se mandate il vostro dattiloscritto a una casa editrice, cioè a<br />
un’azienda, mandatelo pure senza preavviso. Se lo mandate a<br />
una persona privata (ad esempio a me) e avete la possibilità di<br />
chiedere permesso (per telefono, via posta elettronica) fàtelo: è<br />
una gentilezza.<br />
5. Non mandate un file via posta elettronica, a meno che vi sia<br />
esplicitamente richiesto. Già mi sobbarco l’onere di leggervi,<br />
perché mai dovrei mettere io i soldi dell’inchiostro e della stampa?<br />
(Nonché il tempo per stampare).<br />
6. Mandate un dattiloscritto rilegato con la spirale di plastica,<br />
cioè con una rilegatura che possa essere facilmente disfata. In<br />
questo modo, se l’editore vorrà fotocopiarlo (per passarlo a più<br />
lettori, ad esempio), gli basterà sfilare la spirale e passare tutto<br />
nella copiatrice automatica. Se rilegate con graffe, colla, spirali<br />
di metallo ecc., l’editore dovrà far fotocopiare il libro pagina per<br />
pagina (in alternativa, sfascerà il vostro bell’oggetto rilegato).<br />
7. Non mandate dattiloscritti «per ricevere un giudizio». Se io<br />
comincio a leggere un testo, e a pagina 10 mi rendo conto che<br />
chi l’ha scritto <strong>non</strong> sa l’italiano, è chiaro che interrompo la lettura<br />
(magari sfogliacchio un po’, tanto per essere sicuro). A quel<br />
punto io so che quel testo <strong>non</strong> è leggibile; ma <strong>non</strong> posso emettere<br />
un «giudizio». Io sono pagato (dall’editore) per scegliere libri<br />
da pubblicare: <strong>non</strong> per fare il critico letterario su tutto ciò<br />
che mi arriva in casa. Oltretutto, il giudizio è quasi sempre negativo<br />
(statistica: su mille dattiloscritti, <strong>non</strong> più di cento sono<br />
leggibili; <strong>non</strong> più di dieci sono davvero interessanti; uno o due sono<br />
pubblicabili). E nessun editore (nemmeno io) ha voglia di spendere<br />
tempo su un testo, nel momento in cui ha deciso che quel