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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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cosa me ne faccio di una storia in cui un personaggio profondissimamente<br />

menzognero mi racconta per davvero la verità?».<br />

A pagina 38 smisi di leggere. Tutto era chiaro: c’era il nostro uomo,<br />

James, e c’era una ragazza fascinosa e nevrotica, Ella, palesemente<br />

<strong>non</strong> sposabile. La storia poteva essere una sola: Sarah, la perfetta<br />

e crudele moglie intravista nel prologo, fa fuori Ella per sposarsi<br />

James. James alla fine la scopre e la fa fuori.<br />

Un amico, lettore più diligente di me, mi ha detto che ci ho quasi<br />

preso: Sarah e Ella sono cugine; Ella ruba un fidanzato a Sarah, e<br />

poi lo pianta per James; Sarah ammazza il padre di Ella, suo zio, e la<br />

fa condannare per omicidio; Ella poi, dimostrando una squisita sensibilità<br />

narrativa, si toglie di mezzo impiccandosi in carcere.<br />

Ecco: questi sono gli ingranaggi della narrazione, i famosi<br />

“trucchi” che forniscono ogni personaggio di una decente motivazione.<br />

Niente è più prevedibile degli ingranaggi.<br />

***<br />

Ma che fosse tutto troppo chiaro, deve averlo capito anche Mason.<br />

«C’è bisogno di qualcosa per tener su il mistero», si sarà detto. E infatti,<br />

venticinque righe dopo quel rovinoso «O no?», ecco che ci<br />

mette una pezza:<br />

«Ho scelto lunedì pomeriggio per frugare nella sua [di Sarah] scrivania<br />

perché mia moglie [Sarah, appunto] era fuori a sorvegliare i<br />

lavori di ampliamento della biglietteria. E per puro caso ho trovato il<br />

cassetto in cui l’ha conservata per tutti questi anni».<br />

La pezza è: «l’». Che cosa ha conservato Sarah, «per tutti questi anni»,<br />

nel cassetto della scrivania? Il prologo si conclude senza dircelo.<br />

Basta sfogliare un po’ per vedere che a pagina 323 la scena si ripete<br />

pari pari, ma il particolare mancante viene finalmente esibito:<br />

«Lunedì pomeriggio [Sarah] era fuori a sorvegliare i lavori di ampliamento<br />

della biglietteria, così scelsi quel momento per andare a<br />

frugare nella sua scrivania. E assolutamente per caso ho trovato il<br />

53<br />

cassetto in cui l’ha conservata per tutti questi anni. Un cassetto<br />

minuscolo, nascosto in una voluta, che si apriva grazie a una<br />

molla segreta.<br />

«Era una strana chiave: pesante, grossa, ma fatta di un acciaio<br />

lucente troppo moderno per quel disegno; era tagliata per una<br />

serratura antica».<br />

A pagina 330 James chiederà conto a Sarah di quella chiave;<br />

Sarah gli racconterà una storia che ci porterà a reinterpretare<br />

tutto ciò che ci era stato raccontato fino a quel punto; e a pagina<br />

344, ultima del libro, finalmente James ammazzerà Sarah.<br />

Dire «la» trovai a pagina 4, e spiegare che cos’è quel «la» a pagina<br />

323, significa chiedere davvero molto al lettore: <strong>non</strong> in<br />

termini di partecipazione, ma di indulgenza.<br />

Immaginate di essere al cinema. Vedete James che fruga nella<br />

scrivania della moglie, che intasca un oggetto senza che si capisca<br />

cos’è. C’è un mistero? No, nessun mistero: semplicemente,<br />

la chiave <strong>non</strong> è stata inquadrata. Una semplice omissione. E<br />

un’omissione così palese, così deliberata, <strong>non</strong> crea nessuna tensione<br />

narrativa. Pensate a Psycho. Anche lì l’assassino <strong>non</strong> viene<br />

inquadrato. Un espediente elementare. Ma sparsi per il film ci<br />

sono moltissimi altri elementi, di tutt’altra specie, che creano<br />

tensione. In Anime alla deriva, invece, è tutto lì.<br />

In conclusione: se si fanno promesse, è bene mantenerle. Non<br />

basta nascondere per creare un mistero. Gli avvenimenti possono<br />

essere parzialmente intuibili, ma <strong>non</strong> del tutto prevedibili.<br />

E se un personaggio a un certo punto diventa scomodo, <strong>non</strong><br />

suicidatelo. Se ne accorgono tutti.<br />

Chiacchierata numero 34<br />

Sono tre settimane, se <strong>non</strong> quattro, che vi parlo di incipit, di<br />

inizi di narrazione. Naturalmente c’è quello che prende la palla

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