03.06.2013 Views

GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

A chi mi dice: «Ma, in somma, questo lettore del quale parli sempre,<br />

che cos’è? È un lettore ideale? È un «lettore modello», così come<br />

definito da Umberto Eco? È “il pubblico”? È una tua costruzione<br />

mentale? È il risultato della tua ormai pluriennale interazione,<br />

interna ed esterna ai libri, con i lettori? Che cos’è questo cavolo di<br />

lettore di cui parli sempre?». Posso rispondere solo questo: è la<br />

proiezione del mio desiderio, del mio desiderio di un altro. Purtroppo<br />

io <strong>non</strong> sono tanto forte, e <strong>non</strong> sono nemmeno capace di concepire<br />

un completo desiderio di un altro. Questo altro che desidero, è altro<br />

da me solo in parte, forse in piccola parte.<br />

Ma dicevo anche, qualche settimana fa, che di narratori capaci di<br />

pensare la narrazione come «totalità organizzata», ossia di investire il<br />

lettore con un desiderio integrale, ossia di concepire un completo<br />

desiderio di un altro, io ne conosco tre, in Italia. In parecchi mi hanno<br />

scritto per dirmi: «Fuori i nomi, e i titoli». Allora: Antonio Moresco,<br />

Gli esordi, Feltrinelli; Vitaliano Trevisan, Un mondo meraviglioso,<br />

Theoria, appena ripubblicato da Einaudi; Aldo Busi, Vita standard di<br />

un venditore provvisorio di collant, Mondadori. E a questi tre aggiungerei<br />

un quarto, che è una mia personale scommessa: Umberto Casadei, Il<br />

suicidio di Angela B., Sironi. Buone letture.<br />

(«Ehi, ehi! E la tipa dell’email?». «Le ho risposto: <strong>non</strong> se ne parla<br />

neanche»).<br />

Chiacchierata numero 21<br />

Buongiorno, buongiorno. Gianni Bonina, nella prima pagina dello<br />

scorso numero di Stilos, parlava di fotogafia cominciando così: «Chi,<br />

davanti alla macchina fotografica, guarda l’obiettivo, assume una posa,<br />

atto che significa cedere volontariamente la propria immagine».<br />

Poi Bonina faceva altre considerazioni; ma a me serve solo questa<br />

frase qui.<br />

33<br />

Potrei dire: «Chi scrive un testo affinché (o con la speranza<br />

che) sia pubblicato, assume una posa, atto che significa cedere<br />

volontariamente la propria immagine». A me piacciono molto le<br />

fotografie con le persone messe in posa. Quando guardo una<br />

fotografia presa al volo, ho la sensazione di vedere un’immagine<br />

rubata: un’immagine tutta di proprietà del fotografo, nella quale<br />

la responsabilità del fotografato è quasi nulla. Quando guardo la<br />

fotografia di una persona messa in posa, ho la sensazione di vedere<br />

un’immagine, diciamo così, cooperata: un’immagine di proprietà<br />

tanto del fotografo quanto del fotografato, nella quale la<br />

responsabilità è condivisa.<br />

Chi scrive un testo, si mette in posa da solo. È insieme il fotografo<br />

e il fotografato. La persona che si mette in posa davanti al<br />

fotografo, decide <strong>non</strong> solo di «cedere volontariamente la propria<br />

immagine», ma anche di «offrire deliberatamente una determinata<br />

immagine di sé». Certo: ci sono fotografati più o meno<br />

consapevoli della faccenda, più o meno capaci di immaginare<br />

che fotografia uscirà fuori, più o meno in grado di immaginare i<br />

possibili significati che la fotografia produrrà. E ci sono fotografati<br />

che <strong>non</strong> sono in grado di immaginare né questo né<br />

quello.<br />

Tuttavia, ciò che mi interessa è soprattutto l’assunzione di responsabilità.<br />

«Ci mettiamo qui. No, lì. Guarda di qua. Alza il<br />

mento. Apri gli occhi. Guardami da sopra le spalle. Pensa a<br />

qualcosa di bello. Non aprire la bocca»: il fotografo potrà potrà<br />

manipolarmi quanto vuole; ma avrà sempre il mio consenso, e<br />

quindi la mia assunzione di responsabilità.<br />

Ora: il contenuto della fotografia <strong>non</strong> è la persona ritratta; è<br />

l’assunzione di responsabilità che la persona ritratta fa. Una<br />

fotografia <strong>non</strong> mi dice che Tizio è fatto così e/o cosà; mi dice<br />

che Tizio si prende questa e/o quella e/o quest’altra responsabilità.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!