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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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farà certo male. Magari, semplicemente, porterà un risparmio di<br />

tempo.<br />

«Ma allora, se ciò che si insegna è tutta tecnica, dove stanno i sentimenti,<br />

la creatività, l’ispirazione?». Appunto. I sentimenti, la creatività,<br />

l’ispirazione hanno bisogno della tecnica. Se io <strong>non</strong> so scrivere<br />

nel senso più banale della parola, se sono analfabeta, dei sentimenti<br />

e della creatività e dell’ispirazione mi faccio poco. Oppure me ne farò<br />

tanto, ma <strong>non</strong> nella direzione della scrittura. Racconterò a voce,<br />

dipingerò, farò salti e capriole, canterò: ma <strong>non</strong> scriverò. La cosa mi<br />

pare ovvia. Si tratta di accettare l’idea che esistano un abbiccì e una<br />

grammatica della narrazione: e che senza abbiccì e grammatica <strong>non</strong><br />

si può andare tanto avanti.<br />

«Ma per saper scrivere, bisogna leggere molto?». Lo pensano in<br />

tanti. Io penso che la scrittura ha anche bisogno di allenamento,<br />

come gli scacchi o il calcio o il pianoforte. Chi ha la patente ma <strong>non</strong><br />

guida quasi mai, quando guida è un pericolo ambulante: lo sappiamo<br />

tutti. Invece chi guida tutti i giorni (se conosce la tecnica della guida,<br />

se <strong>non</strong> è del tutto privo di talento…) è più sicuro, più tranquillo, più<br />

efficace − e alla fin fine più veloce, anche se guida piano. Nessuno<br />

penserebbe di poter giocare seriamente a calcio senza un po’ di allenamenti,<br />

no?<br />

«Tanto, io scrivo per me». «Io <strong>non</strong> faccio mai leggere a nessuno<br />

quello che scrivo». Certamente si può scrivere solo per sé. È importante<br />

però capire che la scrittura «per sé» è una cosa del tutto diversa<br />

dalla scrittura «per gli altri». Tutti i libri che abbiamo letti (o<br />

quasi tutti) sono stati scritti perché altri li leggessero. Le nostre<br />

scritture private, quelle che teniamo per noi soli o, al massimo, per<br />

noi e per le persone che ci sono più care, sono veramente scritture<br />

d’altra specie. E funzionano in tutt’altro modo. Se si vuole imparare<br />

a scrivere e narrare storie, è bene rendersi conto che <strong>non</strong> si narra a<br />

nessuno; si narra sempre a qualcuno. E quel qualcuno è importante,<br />

più importante di noi che raccontiamo. Infatti, se smette di ascoltarci<br />

o di leggerci, è come se la nostra storia svanisse.<br />

3<br />

***<br />

Bene. Questa era una specie di premessa. La settimana prossima<br />

parleremo delle tre parti in cui si divide la tecnica (o l’arte,<br />

dice qualcuno; ma la parola greca «tèchne», da cui «tecnica», e la<br />

parola latina «ars», da cui «arte» sono in realtà perfetti si<strong>non</strong>imi)<br />

della scrittura e della narrazione: l’invenzione, l’organizzazione<br />

del discorso, lo stile. E poi, per un po’ di settimane, parleremo<br />

dell’invenzione. Perché, sapete, quando qualcuno viene da me e<br />

mi dice, colpendosi la fronte con un dito: «Sa, io la storia ce l’ho<br />

tutta qui, nella mia testa», la verità è (di solito) che in testa ha<br />

solo un germe della storia. Il germe va fatto germogliare: e cercherò<br />

di proporre dei sistemi. A risentirci.<br />

Chiacchierata numero 2<br />

Buongiorno. Dicevo la settimana scorsa: che quando qualcuno<br />

viene da me e mi dice, colpendosi la fronte con un dito: «Sa,<br />

io la storia ce l’ho tutta qui, nella mia testa», la verità è (di solito)<br />

che in testa ha solo un germe della storia.<br />

Gli insegnanti di retorica − cioè di tecnica del discorso −<br />

dell’antichità dividevano la retorica stessa in cinque parti, i cui<br />

nomi latini sono: inventio, elocutio, dispositio, memoria e actio. Possiamo<br />

tradurli grosso modo così: trovare la materia, ornare lo<br />

stile, organizzare il testo, mandare a mente, saper dire con efficacia.<br />

Gli antichi insegnanti di retorica, ricordiamolo, insegnavano<br />

a pronunciare discorsi in pubblico; quindi anche il mandare<br />

a mente e il saper recitare con voce e gestualità efficaci facevano<br />

parte del loro insegnamento. Va detto però che la memoria<br />

<strong>non</strong> è solo un insieme di tecniche per ricordare, ma anche la<br />

capacità di “tenere sotto controllo” un testo di una certa lunghezza<br />

(provate a scrivere un romanzo di 400 pagine, e vedrete

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