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GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE

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sono simile a me stesso. Ma per creare, certe volte, bisognerebbe diventare<br />

un altro». «Lei <strong>non</strong> ha fiducia in sé stesso». «Diciamo così:<br />

ho fiducia nella mia capacità di diventare, di tanto in tanto, un altro».<br />

«Una specie di dottor Jeckill e mister Hyde». «Se vuole». «A questo<br />

punto, però, <strong>non</strong> mi ha ancora detto che cosa farà durante le vacanze».<br />

«Sì che l’ho detto: quello che fanno tutti». «Montagna o mare?».<br />

«Mare». «Le piace leggere sotto l’ombrellone?». «Ci sono certi libri<br />

che sotto l’ombrellone vanno benissimo». «Ad esempio?». «I libri<br />

lunghi». «Le piacciono i libri lunghi?». «Sì. Se un libro è lungo, già<br />

solo per quello mi interessa». «Legge i best-seller americani?». «No,<br />

ci ho provato delle volte, ma mi annoio. Si capisce subito come finiranno<br />

le cose». «Con qualche eccezione». «Con qualche eccezione,<br />

d’accordo, ma l’idea di annoiarmi nove volte su dieci <strong>non</strong> mi entusiasma».<br />

«Quindi in valigia metterà dei libri lunghi?». «Non credo».<br />

«E allora?». «E allora, guardi, se proprio vuole: ho tirato giù dallo<br />

scaffale, proprio mentre parlavamo, La penombra che abbiamo attraversato<br />

di Lalla Romano, Einaudi, che ho comperato una vita fa ma <strong>non</strong><br />

ho ancora letto; Gli esordi di Antonio Moresco, Feltrinelli, che ho<br />

letto e vorrei rileggere; Il peccato e la paura, di Jean Delumeau, il Mulino,<br />

un saggio sull’idea di colpa tra Medioevo e Rinascimento che ho<br />

cominciato tre volte senza mai venirne a capo; Paterson di William<br />

Carlos Williams, Lerici, un poema che ho già letto tre o quattro<br />

volte; Jane Jacobs, Vita e morte delle grandi città, Einaudi, un classico<br />

dell’urbanistica. Penso che potrebbero andare, e bastare». «Qual è il<br />

più lungo?». «Il Delumeau, che fa mille e otto pagine». «Ma perché<br />

legge un libro di mille pagine sul senso di colpa?». «Dice che <strong>non</strong><br />

dovrei?». «No, <strong>non</strong> lo dico, ma mi sembra strano che uno scrittore<br />

legga un libro del genere». «Perché strano?». «Perché <strong>non</strong> è letteratura,<br />

è… è… <strong>non</strong> saprei neanche dire che cos’è, un libro del genere, di<br />

storia del senso di colpa. E quello di urbanistica, poi, che cosa se ne<br />

fa?». «Ma, <strong>non</strong> lo so. Non è che me ne faccio qualcosa direttamente.<br />

Sono una persona umana, ho dei sensi di colpa, vivo in una città,<br />

perché <strong>non</strong> dovrei imparare qualcosa sui sensi di colpa e sulle cit-<br />

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tà?». «Ma <strong>non</strong> dico che <strong>non</strong> dovrebbe. È che pensavo che gli<br />

scrittori leggessero solo libri di scrittori». «E i farmacisti leggono<br />

solo libri di farmacia?». «No, <strong>non</strong> faccia apposta a <strong>non</strong> capire».<br />

«Infatti, ho capito benissimo». «E che cos’ha capito?». «No, meglio<br />

se <strong>non</strong> lo dico». «No, lo dica, invece». «Lo dica». «No». «Lo<br />

dica, sì». «No». «Sì». «No».<br />

Chiacchierata numero 27<br />

Saluti a tutti. Non passa giorno senza che il postino <strong>non</strong> mi lasci<br />

nella cassetta delle lettere (o sul davanzale della finestra, se<br />

<strong>non</strong> ci stanno) almeno un paio di bustoni con dentro dattiloscritti<br />

(romanzi, raccolte di racconti, saggi storici, poesie, sistemi<br />

filosofici). Non passa giorno senza che nella mia casella di<br />

posta elettronica <strong>non</strong> si riversino uno o due dattiloscritti. Non<br />

passa giorno senza che qualcuno mi telefoni per propormi un<br />

testo da leggere. Ogni tanto succedono cose curiose. Questa è<br />

successa il 21 luglio scorso.<br />

***<br />

Sono nel mio studio. Sono le sette e venti del mattino. Sto lavorando.<br />

Il telefono suona. Alle sette e venti del mattino mi telefonano<br />

solo gli amici, quindi rispondo fiducioso.<br />

«Buongiornoo, è il dottor Mozzii?». Una voce maschile, voluminosa.<br />

«Buongiorno», dico. «Sono Giulio Mozzi. Lei cercava Giulio<br />

Mozzi?».<br />

In Padova, mia città, abita un altro Giulio Mozzi. Fa il cardiologo.<br />

«Cercavoo lo scrittoree, è leii?», dice la voce.<br />

«Sono io», dico. Amen.

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