GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE
GIULIO MOZZI (non) UN CORSO DI SCRITTURA E NARRAZIONE
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Anche la signora Bovary, tutto sommato, riesce a procurarsi una<br />
bella morte da eroina romantica.<br />
Non ho certo l’intenzione di sostenere che tutto ciò che fanno le<br />
narrazioni sia di restituire più o meno criticamente (tanto<br />
l’umorismo di Voltaire quanto la comicità di Cervantes o il minuzioso<br />
naturalismo di Flaubert sono operazioni critiche) gli immaginari<br />
collettivi: questa è una delle cose che le narrazioni fanno; ma mi<br />
sembra che sia una delle più importanti e che avvenga addirittura<br />
automaticamente, e spesso all’insaputa dell’autore. Quindi, tanto<br />
vale tuffarcisi dentro.<br />
Il problema è che esiste una vasta nube di discorsi vagamente sociologici/antropologici<br />
sul supermercato e sulla televisione. Qualunque<br />
intellettuale è pronto a dirvi che la televisione è brutta, fa schifo,<br />
rincretinisce la gente, e così via; e che il supermercato è brutto, fa<br />
schifo, rincretinisce la gente, e così via. Tuttavia questi discorsi,<br />
buoni per tutte le occasioni, sono generalmente accomunati da una<br />
spaventosa genericità.<br />
Che un telefilm come Giovanni e il Magico Alverman o Vacanze<br />
sull’isola dei gabbiani sia ciò che hanno in comune due quarantenni<br />
d’oggi, ossia letteralmente la lingua comune della quale essi possono disporre<br />
per parlarsi; e che esattamente la stessa funzione "accomunante", forse<br />
addirittura "comunitaria" possa essere svolta dalla Nutella o dai<br />
biscotti Bucaneve o dall’omino Bialetti: questo <strong>non</strong> è trascurabile.<br />
Noi, ci piaccia o <strong>non</strong> ci piaccia, siamo fatti di queste cose.<br />
Chiacchierata numero 67<br />
Oggi è lunedì 31 maggio 2004. Sono le undici e dieci del mattino.<br />
Entro mezzogiorno devo consegnare questo pezzo. È colpa mia, mi<br />
sono preso in ritardo. Avrei dovuto scriverlo e spedirlo venerdì<br />
mattina, così sarei partito per Tortona tranquillo tranquillo. Invece<br />
mi sono detto: «Ma no, dài, che mentre sono a Tortona lo trovo, il<br />
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tempo di scrivere il pezzo per Stilos. Lo trovo senz’altro». E in<br />
effetti il tempo l’avrei avuto. Non avevo invece un pc sul quale<br />
scriverlo e una connessione alla rete per spedirlo.<br />
Così, dopo aver finito di parlare di supermercati, e prima di<br />
cominciare a parlarvi del teatro, oggi mi prendo una pausa e vi<br />
parlo d’altro.<br />
Sono stato a Tortona, sabato 29 e domenica 30 maggio, per<br />
un cosiddetto corso di scrittura (organizzato da Marco Candida:<br />
http://marco2.clarence.com). In realtà siamo stati due giorni a<br />
fare esercizio di lettura su tre racconti e un frammento di romanzo.<br />
I racconti erano: «Gli amanti» di Federigo Tozzi (vedi la<br />
puntata 58), «Progetti per una visita a mia moglie» di Romolo<br />
Bugaro (da Indianapolis e altri racconti, Theoria) e la novella di Federigo<br />
degli Alberighi dal Decamerone del Boccaccio (giornata<br />
quinta, <strong>non</strong>a novella). Il frammento di romanzo era il capitolo<br />
14 di La donna di scorta di Diego De Silva (vedi la puntata 61).<br />
A me piace molto fare esercizi di lettura. Non si tratta di<br />
niente di speciale: si legge il testo (scelgo per lo più un racconto,<br />
tanto per avere una cosa di senso compiuto; oppure un passo<br />
da un romanzo noto a tutti, tipo I promessi sposi o Pinocchio; e cerco<br />
di proporre cose di autori italiani, tanto antichi quanto contemporanei),<br />
poi io faccio la domanda di rito («Che cosa ve ne<br />
pare, di questo che abbiamo letto?»), e si comincia a discutere.<br />
Il punto di partenza sono i giudizi di valore. «Bello». «Non mi<br />
è piaciuto». «Si sente che è un racconto di settant’anni fa» (che è<br />
un giudizio di valore, sebbene mascherato). «Un po’ legnoso».<br />
Oppure le reazioni emotive: «Che paura!». «Che mostro,<br />
quell’uomo». «Angosciante». «Mi sono commossa», e così via.<br />
In genere, nei corsi, le reazioni sono piuttosto libere. Quasi<br />
nessuno si fa scrupolo di dire che ciò che ho proposto <strong>non</strong> gli<br />
piace. (Io stesso cerco di <strong>non</strong> proporre cose troppo indiscutibili: è<br />
utile alla discussione che nel gruppo il testo proposto piaccia ad<br />
alcuni e ad altri no). Vedo che quando propongo Manzoni o